All'inizio del ‘400, Venezia stava vivendo il suo sogno. Grazie alle imprese di impavidi dogi e condottieri, la città aveva raggiunto la sua massima espansione, conquistando terre fino a Milano e mari fino all’isola di Cipro. La vita in laguna si svolgeva chiassosa e vibrante: spericolati marinai andavano e venivano dal maggiore porto mondiale, mercanti spregiudicati provenienti dagli angoli più esotici del mondo conosciuto concludevano lucrosi affari all'ombra del campanile di San Marco, mentre politici arguti intessevano trame e congiure nel vicino Palazzo Ducale. Nel centro cittadino si potevano trovare sete, velluti, vetri, argento, spezie e damaschi. Lusso e ricchezza permeavano case e palazzi, mentre artisti di ogni tipo si riversavano in città, accorsi in città alla ricerca di fama e denaro. Lentamente Venezia si era trasformata in un centro di cultura ed innovazione, paragonabile ad altre città del calibro di Firenze e Roma.
Un ambiente così vivo e prospero era il luogo perfetto per un giovane fanciullo che crebbe letteralmente circondato da pennelli, tele e colori. Questo giovane artista diede una spinta propulsiva all’arte veneziana, la risvegliò dal suo tepore tardo-gotico e, dandole una direzione precisa e delle specificità, la condusse verso la gloria. Si tratta di Giovanni Bellini, il padre della pittura veneziana e uno dei nomi più importanti dell'arte rinascimentale italiana. La sua visione artistica era stimolante, la sua personalità interessante ed i suoi capolavori, che Venezia conserva ancora oggi, sono un inno al colore e alla dolcezza.

Da Giovanni Bellini scaturì la scintilla del Rinascimento Veneziano

Un velo di mistero cela i primi anni di vita di Giovanni Bellini. Sicuramente nacque a Venezia, ma la data di nascita è incerta per mancanza di documenti e di prove ufficiali, molto probabilmente venne al mondo intorno al 1430. Il padre era l’affermato artista veneziano Jacopo Bellini, mentre non si sa se fosse figlio illegittimo, concepito al di fuori del matrimonio tra Jacopo e la moglie Anna Riversi. Ciononostante, Giovanni fu sempre trattato come figlio amato della famiglia, insieme al fratello Gentile, altro famoso pittore del tempo ed alla sorella Nicolasia. Intorno ai 15 anni entrò a lavorare nella bottega paterna, fece dimestichezza con le tecniche artistiche della tradizione veneziana e produsse, insieme al fratello ed al padre opere d'arte firmate a tre mani per vari mecenati veneti. Giovanni ereditò la sua abilità pittorica dal padre, ma iniziò subito a guardarsi attorno e ricercare stimoli nuovi e diversi. Venezia era un centro cosmopolita e sempre in movimento, ed il giovane artista seppe abbracciare perfettamente questo spirito, diventando la voce autentica dell'arte della città.
Giovanni, infatti, era un instancabile investigatore, mosso dalla costante necessità di studiare il lavoro degli altri artisti e scoprire nuove tendenze. Nella sua arte, quindi, è possibile ritrovare vari influssi, dalla tradizione bizantina, al Rinascimento italiano, fino alla lontana pittura fiamminga. Appassionato esploratore di nuove tecniche ed approcci, durante la sua lunga vita non smise mai di sperimentare, mantenendosi costantemente aperto a qualsiasi stimolo incontrasse.
Non solo era un ricercatore curioso, ma fu pure un pioniere. Per molti anni, dall'inizio del Rinascimento nel 1402, la pittura veneziana aveva preferito mantenere fede alla tradizione, chiudendosi in un dorato ed etereo isolamento tardo gotico. Questo ritardo era dovuto alla necessità di immaginare un'arte nuova, che non si limitasse a copiare le nuove tendenze fiorentine, ma che trovasse una propria strada. Giovanni fu colui che spianò questa strada, conferendo all’arte veneziana una visione unica e specifica. Il suo stile aprì le porte al Rinascimento a Venezia, con una maniera innovativa, totalmente basata sul colore.

Bellini e Mantegna: la fortuna di avere un pittore come cognato

Giovanni incontrò l'artista padovano Mantegna quando quest'ultimo sposò nel 1453 sua sorella Nicolasia. Non solo i due uomini divennero parenti, ma ben presto cominciarono a tessere una relazione di vera amicizia e di collaborazione artistica. Questo incontro fu davvero benefico per Bellini, poiché lo stile di Andrea influenzò molto la sua pittura. Il suo disegno divenne un po' più duro e metallico e le sue figure più volumetriche. Eppure, egli non rinnegò mai la propria identità artistica ma rimase sempre fedele a sé stesso, combinando coscientemente il suo stile con gli impulsi esterni del Mantegna.
Il modo perfetto per comprendere questa fusione di idee nello stile Belliniano è il confronto dello stesso tema, sviluppato sia da Giovanni che da Andrea. Alla Fondazione Querini Stampalia è conservato il dipinto "Presentazione al Tempio" (foto a sinistra), del 1460, simile e immediatamente successivo all'opera di Mantegna, datata 1455, oggi visibile alle Staatliche Museen di Berlino (foto a destra). I personaggi rappresentati sono praticamente identici in entrambe le opere.
Nella versione di Bellini la Vergine tiene in braccio Gesù Bambino al centro della composizione; accanto il barbuto Simeone si protrae per riceverlo tra le sue braccia. Frontalmente, anche se spostato all’indietro, si vede San Giuseppe, che, secondo alcuni studiosi, potrebbe rappresentare il padre di Bellini, Jacopo. Ai lati, invece, sono posizionate altre quattro figure, due donne a sinistra, forse i ritratti di Nicolasia e di Anna Riversi, e due uomini a destra, probabilmente rappresentazione del pittore e di suo cognato.
Se Mantegna ha dato ai personaggi un peso plastico e forme sbalzanti, come se fossero staccate dallo sfondo come altorilievi, più che disegni, in Bellini tutto è più morbido e leggero. Andrea creò la scena con un segno ruvido e colori, mentre le sue figure occupano interamente lo spazio, sono arrovellate e conferiscono un senso di tormento e di pathos alla scena. Al contrario, Bellini dispose la scena fluidamente, con una luce morbida che permea tutto lo spazio. Le forme sono più dolci, le linee sinuose ed i colori meno cupi e più naturali. In una parola, Mantegna era epico, Bellini lirico.
Da questo confronto è possibile cogliere chiaramente la più grande innovazione apportata da Giovanni. L'effetto generale non è, come in Andrea, volumetrico e quindi scultoreo, ma si basa sulle sfumature del colore e sulla potenza della luce. Il risultato appare così puramente pittorico.
Questa novità aprì le porte all’arte rinascimentale a Venezia e fu, inoltre, la premessa per la pittura tonale della successiva generazione di artisti, tra cui si ricordano Giorgione e Tiziano.

La serie delle Madonne con Bambino

Negli anni Sessanta del ‘400, Giovanni Bellini iniziò la serie delle Madonne con il Bambino. Si tratta di opere di medie dimensioni, per una devozione privata ed intima. A Venezia erano molto popolari, forse per la praticità di trasporto e di vendita. Osservando da vicino alcune di queste opere, è impossibile non accorgersi delle numerose influenze provenienti da altre arti. Si colgono spunti della tradizione bizantina, per esempio nella fissità iconografica delle due figure. Dalla pittura fiamminga, invece, l'artista prese l’attenzione minuziosa per i dettagli e infine, da Firenze, soprattutto da Donatello, che soggiornò a Padova dal 1443 al 1453, assimilò la nuova prospettiva lineare e l'idea rinascimentale dell'importanza di porre l'uomo al centro. Secondo questo concetto rivoluzionario, gli individui erano degni di essere rappresentati realisticamente, nella loro fisicità e nelle loro emozioni e, data la loro importanza, dovevano diventare il fulcro della composizione. Bellini si fece ispirare, ma tuttavia, come accennato in precedenza, non tradì mai sé stesso e le proprie caratteristiche, andando invece a valorizzarle.
Una delle prime versioni da lui dipinte, fu quella dipinta tra il 1460 e il 1465, chiamata Madonna del Frizzoni, oggi conservata al Museo Correr. Qui il Bambino dorme, abbracciato teneramente dalla Madre, che guarda il mondo con un'espressione tenera ed insieme dolceamara. La composizione è intima, ciononostante Maria riesce a relazionarsi silenziosamente con il pubblico, esprimendo insieme il suo amore per il figlio e la triste consapevolezza del destino che lo attende. Le figure di Bellini appaiono vive ed estremamente poetiche; presentano una tensione emotiva e coinvolgente, un pathos profondo, che si diffonde dalla coppia, allo spettatore che sta di fronte.
Un altro esempio di questa serie è la Madonna dei Cherubini Rossi. Questo dipinto ad olio risale al 1485 circa e può essere ammirato oggi alle Gallerie dell'Accademia. Rispetto al precedente, è più tardo, perciò, può essere utile per capire l’evoluzione dell'artista e del suo stile. A questo punto, le scelte stilistiche di Bellini erano già state rafforzate dalle influenze di altri due pittori fondamentali: Piero della Francesca, con la sua luminosità e il suo rigore prospettico, e Antonello da Messina, con i suoi colori tenui e l'attenzione per i dettagli.
Nell’opera i protagonisti sono, ovviamente, la Vergine ed il Bambino, ritratti in primo piano. Alle spalle si apre un vasto paesaggio brullo, con colline, un'insenatura fluviale, castelli e torri lontane. Bellini decise di non rievocare gli antichi edifici classici, come d’uso corrente, ma di attenersi alla realtà, inserendo un paesaggio moderno e veritiero.
Inoltre l’opera mostra come Bellini, con grande maestria, utilizzasse il colore per unificare la scena e per dare un naturale senso di profondità. L'artista adoperò i colori caldi per il primo piano, i colori freddi per lo sfondo ed a metà quei colori che, se ben dosati, creano un passaggio graduale. Si tratta della prospettiva cromatica, una prospettiva ottenuta solo attraverso un sapiente uso dei colori. Egli, inoltre, giocò anche con i colori complementari, accostandoli l’uno all’altro per esaltarne la luminosità. Questa “magia” si può vedere sull'abito di Maria, o sul cielo chiaro affollato da un gruppo di cherubini, dove il rosso e il blu creano e modellano le figure e si esaltano a vicenda. Infine, la stupefacente capacità dell’artista di creare le forme è visibile nelle splendide mani della Vergine, o nelle pieghe delle vesti bianche di Gesù; mentre la grande capacità di evocare emozioni è espressa dallo sguardo profondo che unisce i due personaggi.
Il perfetto equilibrio tra la dolcezza e l'intimità della coppia e la bellezza del colore è ciò che rende la serie delle Madonne con Bambino una dei lavori più emblematici di Bellini.

I capolavori della maturità

Grazie alla fama conquistata, Giovanni Bellini fu nominato pittore ufficiale della Repubblica di Venezia nel 1483 e continuò a lavorare per la sua città, ponendosi anche a capo di una fiorente bottega. Intorno agli anni Settanta del ‘400 raggiunse la piena maturità artistica e la sua arte raggiunge la sua più alta espressione. Tutte le novità riguardanti l'uso dei colori e tutti gli elementi provenienti dalle altre maniere, a questo punto, erano perfettamente assimilati nella sua visione artistica, risultando in una sintesi elegante, naturale e poetica.
Nel 1504 compose la Sacra Conversazione Giovannelli, un dipinto ad olio oggi alle Gallerie dell'Accademia. Viene chiamata "Sacra Conversazione", poiché vi è la Vergine in trono con Gesù, circondata da santi. Alla sua destra si erge la figura di Giovanni Battista, facilmente riconoscibile per la sua tipica barba e per il lungo bastone con la croce finale. Al lato sinistro di Maria, invece, appare una santa che, per mancanza di connotazioni iconografiche, è difficile da identificare, probabilmente si tratta di Maria Maddalena o Caterina d'Alessandria.
Qui, Bellini ha voluto rappresentare gli individui in relazione alla natura, allontanandosi quindi leggermente dalla percezione fiorentina. Anche se le figure si distaccano ancora dallo sfondo, qui, un'unione equilibrata tra uomo e natura pervade l'intera scena. Il paesaggio di sfondo è profondo e ampio; si intravedono castelli, una città con un porto e delle barche, un villaggio e dei campi pianeggianti con un pastore ed il suo gregge. Più lontano, la sagoma delle montagne si staglia alta e appuntita. Queste sono rappresentate con una tonalità di azzurro che ricrea la nebbia dell'orizzonte, mentre una luce dorata invade l'intera composizione, fondendo insieme i personaggi ed il mondo circostante. L'effetto della scena è intenso: le espressioni dei volti sono dolci e poetiche, le figure sono reali e plastiche, eppure, non scultoree ma morbide e delicate, il paesaggio è vibrante e autentico: tutto fa parte di una composizione omogenea.

Nella Chiesa di San Zaccaria è collocata la Pala di San Zaccaria, dipinta dal Bellini nel 1505. Questo capolavoro ha segnato l'inizio dell'ultima fase, sempre dinamica, del pittore. Pur essendo vecchio non aveva perso l’ardore che aveva contraddistinto la sua arte fino a quel momento. Aveva 75 anni, era famoso ed apprezzato, eppure era ancora assetato della sua sete di conoscenza e di sperimentazione. Con consapevolezza e coerenza, riuscì a capire la maniera moderna del suo allievo Giorgione, la cosiddetta pittura tonale, assimilandola e piegandone gli elementi alla sua personale poetica.
La Pala di San Zaccaria è una perfetta rappresentazione visiva di questi ultimi anni. In essa prende forma un'altra sacra conversazione tra la Vergine e quattro santi, insieme ad un altro protagonista della composizione: la stupefacente architettura. Bellini, infatti, ambientò la scena in un'ampia nicchia circolare, composta da una volta dorata e mosaicata, colonne decorate, archi levigati e un basamento ornato di bellissimi marmi. La composizione è aperta sui lati, rivelando un paesaggio naturale, da dove entrano i raggi del sole che illuminano lo spazio e le figure con una luminosità dorata. Anche se l'opera è stata spostata dalla sua posizione originaria, la fusione tra l’impianto monumentale dipinto e l’architettura reale è ancora visibile, con il primo che ne valorizza l’altra.
Anche le figure danno forma a una sorta di architettura umana. La Vergine siede al centro della composizione, in un trono rialzato, con il Bambino tra le braccia. Sopra la sua testa, una sobria lampada veneziana e un uovo di struzzo, simbolo della purezza della maternità di Maria, pendono dal soffitto. Ai suoi piedi, un angelo musicista suona il violino, mentre agli angoli della nicchia quattro santi la circondano simmetricamente. Ci sono Santa Caterina d'Alessandria e Santa Lucia, l'una di fronte all'altra e rivolte verso l'interno, e San Pietro apostolo e San Girolamo, che meditano, volti verso lo spettatore. I personaggi sono profondamente concentrati, ma esprimono una calma serenità. La scena è uniforme ed intima, le figure sono pittoriche e morbide, la luce crea un'atmosfera calda e contemplativa. Le sfumature dei colori e delle ombre sono la prova definitiva dell'accettazione da parte di Bellini dei progressi della nuova generazione di pittori veneziani.

Giovanni Bellini continuò a lavorare fino alla fine dei suoi giorni, accompagnando con la sua arte l'evoluzione del Rinascimento a Venezia e, contemporaneamente, sviluppando con essa il suo stile, fino al 29 novembre del 1516, data della sua morte. Il suo approccio artistico fu sempre caratterizzato dal dualismo armonico tra innovazione e tradizione. La sua pittura fu costantemente aperta a nuove esperienze, con l’obiettivo di affinare la sua maniera, senza rinnegare mai il vero io, ma usandolo come punto di forza. Da tutti, dai suoi giorni fino ad oggi, è sempre stato grandemente stimato, come dimostrano anche le parole emblematiche del famoso pittore Durer: "Tutti mi avevano detto che era un grande uomo e, in effetti, lo è, e io mi sento veramente amico suo. È molto vecchio, ma certo è ancora il migliore pittore di tutti”.