Il Seicento fu un'epoca singolare, poichè mentre molti Stati italiani decaddero sotto il dominio spagnolo, la Repubblica di Venezia mantenne inalterati potenza e prestigio. Ma la città si evolse adattandosi al mutare dei tempi, e questa evoluzione trovò la sua miglior espressione in architettura.

Dunque, il barocco veneziano fu una traduzione ed una esasperazione del linguaggio classico rinascimentale, di cui conservò e perpetrò le innovazioni che questo aveva portato in Laguna, ma arricchendosi di nuovi elementi e di ornamenti che amplificavano l’espressione della nuova cifra stilistica.

Un nuovo linguaggio artistico: la magnificenza di Cà Rezzonico

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Cà Rezzonico rappresenta il vero emblema del passaggio dal XVI al XVII secolo, opera del più grande esponente di questa nuova corrente, quel Baldassarre Longhena, architetto veneziano, il quale considerava le strutture classicheggianti e geometrizzate non consone alle atmosfere lussuriose della città in cui il Carnevale occupava gran parte dell'anno: alle rigide regole del classicismo egli preferì una ricerca molto più scenografica ed esasperata. 

E’ la metà del Seicento quando la famiglia Bon commissiona all’architetto la realizzazione della loro dimora. Il Longhena realizzò un progetto in cui un sapiente gioco di luci ed ombre riesce a dilatare lo spazio, a dare un ampio respiro e a regalare una magnifica prospettiva che dal vecchio portego passa attraverso l’androne fino ad arrivare al piccolo portico esterno di ingresso e concludersi nella visione delle acque del Canal Grande.

L’intera costruzione si articola dal piano terra fino al terzo, con un cortile interno ed un ampio giardino, collocato nella parte opposta alla porta d’acqua.

Un'architettura scenografica: la facciata sul Canal Grande

Ma è nella facciata principale che il Longhena si lascia ispirare dalle facciate dei palazzi rinascimentali portandole, però, all’esasperazione tipica del gusto gotico. Quella di Cà Rezzonico non è però una semplice facciata, un fondale scenico: qui un gioco di vuoti e di pieni, con la prevalenza dei primi, dona una libera e sapiente compenetrazione fra interno ed esterno. Quello di Cà Rezzonico è un esterno che vive immerso nella realtà veneziana, in cui i riflessi delle acque del Canal Grande determinano senz’altro un valore aggiunto: è un edificio barocco, e quindi moderno nelle nuove forme, ma è veneziano e quindi coerente con l’ambiente circostante.

Lo schema della facciata risulta geometrico ed ordinato, ma qui gli elementi decorativi si moltiplicano, soprattutto per le ampie aperture: gli archi sono sostenuti da doppie colonnine, che insieme alle colonne che si innalzano dalla balaustra regalano un senso di profondità e tridimensionalità che non trova precedenti in laguna, esasperato anche dalla presenza di puttini comodamente adagiati sulla curvatura degli archi stessi, sistemati là ad ammirare le meraviglie del Canal Grande che si apre dinanzi ai loro occhi di marmo. Questa verticalità di detti elementi è bruscamente e saggiamente interrotta dall’orizzontalità degli elementi più ricchi, come le balaustre e le cornici marcapiano, fino ad arrivare alla fascia del sottotetto che straborda di fiori e volute, foglie di acanto e mensoloni ad adornare le aperture ovali.

Una volta entrati si è rapiti dalla magnificenza degli interni e dalla ricchezza dei decori: l’oro degli stucchi, i colori vivaci dei dipinti e la policromia dei marmi vi lasceranno senza fiato.

Dai Bon ai Rezzonico, a Papa Clemente XIII: la storia di Cà Rezzonico

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Tanta magnificenza, però, non fu portata a compimento dal Longhena: la famiglia Bon, infatti, per quanto mossa dalle migliori intenzioni e da buoni fini, si rese conto bene presto che l’opera si stava rivelando eccessivamente grande per le proprie capacità finanziare e dovette, quindi, interrompere la costruzione. Purtroppo, non solo non avevano il denaro sufficiente, ma ben presto persero anche l’architetto: era il 1682 quando il povero Longhena morì senza vedere mai la sua opera completata.

I Bon non riuscirono mai a completare ciò a cui avevano dato inizio e alla seconda metà del Settecento furono costretti a vendere il palazzo incompleto a Giambattista Rezzonico, un nobile non di sangue blu, ma per esborso di denaro. Eh si, al tempo era possibile “acquistare” anche un titolo nobiliare: per la Repubblica non era un problema, anzi lo ritenevano un evento positivo per rimpinguare le casse del governo. Il neo nobile Giambattista doveva pur completare l’opera ed affidò i lavori all’architetto Giorgio Massari, che tuttavia rimase fedele al progetto del suo compianto predecessore, forse anche per onore e rispetto della fama e del genio di un grande artista: un comportamento senza dubbio ammirevole, che manifestava tutta l’umiltà di un giovane artista al cospetto di un grande maestro. Il palazzo fu completato nel 1758, quando il figlio di Giambattista Rezzonico, Carlo, salì al soglio Pontificio con il nome di Clemente XIII.

Tuttavia, anche Giorgio Massari lasciò un’importante impronta: a lui si deve, tra le altre, il magnifico e monumentale scalone che, dal lato opposto al Canal Grande, conduce al primo piano: due rampe di marmo di imponente bellezza, circondate da pareti decorate da cornici e boiserie dorate che arrivano sino al soffitto voltato, e sulla balaustra si elevano le statue “Inverno ed Autunno” opera di Giusto Le Court.


Da residenza patrizia a museo: Cà Rezzonico oggi

I Rezzonico non godettero per molto tempo del loro palazzo, poiché agli inizi dell’Ottocento la famiglia, per assenza di prole maschile che assicurasse il perpetrarsi della casata, si estinse. Colpa di Carlo che aveva scelto la vita ecclesiastica? Si, ma possiamo perdonarlo, era diventato Papa!

Tanti proprietari si succedettero nelle epoche a venire, ed ognuno di loro, al momento di lasciare il palazzo, portò con se arredi, oggetti ed opere d'arte, finendo per spogliare del tutto l'edificio.

Nel 1935 al Comune non restò che acquistare un contenitore vuoto: un magnifico contenitore ma pur sempre vuoto.

Oggi il palazzo ospita il Museo del Settecento Veneziano, in cui sono stati racchiusi arredi ed oggetti tipici dell’epoca settecentesca.


Da Tiepolo a Canaletto: il Museo

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Un percorso museale, che inizia proprio dallo scalone del Massari, unico nel suo genere e ricco di elementi ed opere estremamente interessanti.

Non possiamo elencarli tutti i motivi per cui val la pena visitare il palazzo ed il museo, ma lasciandovi alla scoperta di queste meraviglie, vi regaliamo qualche spunto:

Al primo piano il vecchio portego diviene elemento di raccordo delle varie stanze. Fra queste vi è il Salone da Ballo, che ha il primato di essere il salone più grande fra tutti i palazzi veneziani e sicuramente quello più ricco in termini di decorazioni pittoriche e stucchi, come le opere di Giambattista Crosato ed i due enormi lampadari in vetro di Murano che scendono imponenti dal soffitto e contribuiscono a creare una dimensione magica, quasi fiabesca che immediatamente porta l’immaginazione agli sfarzosi balli che animavano il salone, dove le ampie gonne delle nobili dame creavano un movimento sinuoso ed allegro, misterioso e lussurioso. Nell’appartamento degli sposi, invece, è l’Alcova e la Sala del Trono, in cui il soffitto fu affrescato da Giambattista Tiepolo.

Nella Sala del Tiepolo è possibile ammirare il soffitto decorato raffigurante “La Nobiltà e la Virtù che abbattono l’Ignoranza”. Al secondo piano si apre il portego con due tele del giovane Canaletto “Il Canal Grande da Palazzo Balbi a Rialto” e “Rio dei Mendicanti”, due capolavori giovanili di due splendide vedute veneziane, in cui l’artista ampliando le dimensioni del Canal Grande vuole esaltare la caratteristica di Venezia come città d’acqua.

La Farmacia ai Do San Marchi

Al terzo piano vale la pena visitare la Farmacia ai do San Marchi, che nel Settecento si trovava in Campo San Stin: perfettamente conservato il magnifico mobilio in noce scura dell'epoca e tutti i 183 vasi di maiolica decorata che contenevano spezie ed ingredienti per i medicamenti. La farmacia è composta di 3 ambienti: il primo che costituisce la bottega vera e propria, il secondo è il laboratorio in cui sono ancora presenti gli alambicchi di vetro sottilissimo, il terzo è il retrobottega completamente rivestito di boiserie in legno, ricco di decori ed intagli: vi verrà voglia di farvi somministrare una medicamento!

Ca Rezzonico è senza dubbio l’emblema del Settecento veneziano ed il museo che ora lo occupa permette di farvi rivivere quell’epoca, quando il Carnevale si protraeva per molti mesi dell’anno e permetteva di girare mascherati e nascondere la propria identità dietro le famose maschere veneziane per impossessarsi di una identità nuova, effimera, leggera e molto lussuriosa. Non occorre chiudere gli occhi per sognare ma sognate ad occhi aperti, indossate una maschera ed un abito magnifico e lasciatevi condurre in questa lussuriosa epoca e immaginate di danzare ad un gran ballo.

Attenzione, non sognate troppo che potreste incontrare il gran seduttore dell'epoca Giacomo Casanova…..

Buoni sogni!

Dorsoduro, 3136