Cà, Fondaco, Casina: i veneziani hanno modi bizzarri per indicare la casa, il palazzo.

Ricca di meravigliose costruzioni, percorrendo il Canal Grande la città lascia scorrere davanti ai nostri occhi le sue residenze più belle, esempi di una magnifica architettura che tolgono il fiato, sospesi tra il verde delle acque e l’azzurro del cielo, appartenuti a nobili patrizi, artisti in cerca di ispirazione, ricchi mercanti, talvolta stranieri venuti in città per i loro affari. I palazzi del Canal Grande sembrano fondali privi di corpo, riflessi nelle acque sottostanti, gli uni influenzati dall’altro e viceversa in un tutt'uno unico e continuo che accomuna l’intera città, ma che trova in questa via d’acqua, definita la più bella del mondo, il suo momento culminante.

Una città nata sull'acqua: la tecnica costruttiva

Sappiamo che Venezia non è una città accanto all'acqua ma una città sull'acqua che penetra capillarmente ovunque: questo vuol dire che in Laguna si sviluppò una tipologia di fondazioni estremamente singolari, che ritornava alla tecnica delle preistoriche palafitte. Questo sistema costruttivo fondazionale sfavoriva lo sviluppo in altezza degli edifici, dovendosi realizzare in larghezza, così da distribuire il peso su una più vasta aerea. Non si poteva dare nemmeno una forma preordinata, ma piuttosto si doveva seguire l'andamento del terreno e lo spazio disponibile. La conseguenza è quella di una città in cui gli edifici non si chiudono in sè come fortezze, ma si aprono gli uni verso gli altri, che vive la sua vita principalmente all'aperto, in comunità tra calli, campi e campielli: questa è una caratteristica imprescindibile che rimarrà immutata nel tempo.

L'architettura e il movimento dell'acqua: un connubio meraviglioso

Edifici i cui colori e le forme vengono riflessi nello specchio d'acqua antistante. Ma poichè l'acqua è uno specchio mobile, in continuo movimento e continuamente diverso a causa di fattori imprevedibili, come la direzione dei venti, tutto ciò che si riflette, insieme alla tonalità del cielo, viene restituito infranto, scomposto, come filtrato attraverso innumerevoli prismi, fuso con i riflessi degli edifici vicini, a loro volta mescolati con quelli di altri e così via, in una meravigliosa continuità.

L'architettura di Venezia è dunque sempre coerente, nell'insieme e nel particolare. E' l'architettura di vuoti più che di pieni, è cromatica e mutevole, e soprattutto è un'architettura doppia: quella costruita e quella riflessa, apparentemente uguale ma capovolta, fuggevole, inconsistente.

L'acqua come unica via

Ma è corretto affermare che i palazzi più belli della città si affacciano su questa meravigliosa strada d’acqua che è il Canal Grande? In realtà si, e c’è un motivo: Venezia è una città che nasce sull’acqua, che ha rubato l’acqua alla Laguna ed i corsi d’acqua, definiti nella toponomastica tutta lagunare rii, sono stati per molto tempo le uniche vie di comunicazione, essendo del tutto assenti i ponti, realizzati soltanto in seguito. Gli ingressi principali quindi, erano tutti posti sul Canal Grande ed è per questa ragione che i più bei decori erano dedicati alle facciate sull’acqua.

Ed è da questa particolarità che nasce la meraviglia: colossali costruzioni che sorgono dall’acqua annullando la materialità, regalando la sensazione di leggerezza e di etereo, quella continuità che solo in questa particolare città vive.

Un unico schema costruttivo che si ripeteva nel tempo

Tanti palazzi, tante epoche diverse, differenti i proprietari e svariate le vite e le storie che li animavano, altisonanti i loro nomi che ripetevano quelli della famiglia cui appartenevano, ma una sola tipologia costruttiva che si ripeteva nel tempo: una sorta di modulo base nato proprio dalle esigenze di un territorio così difficile, così particolare. Si trattava di uno schema che organizzava la costruzione del palazzo in 3 zone: una zona centrale che attraversava tutto l’edificio da una parte all’altra chiamato portego e due zone laterali suddivise in piccoli ambienti. Questa divisione si ripeteva per tutti i piani: al piano terra c’era il portego per gli incontri di rappresentanza, a cui si aggiungeva un porticato sull’acqua per consentire l’attracco delle barche, e gli ambienti delle zone laterali che erano adibiti a magazzino/deposito; al piano superiore, definito piano nobile, il grande portego centrale diventava salone delle feste e dei balli, mentre gli ambienti laterali assumevano una destinazione privata; l’ultimo piano, infine, ospitava il sottotetto. Talvolta tra il piano terra ed il primo piano, sulle zone laterali, poteva esserci un piano intermedio, un mezzanino, detto mesà.

Una caratteristica fissa di questo schema era la presenza di un piccolo cortile aperto: a seconda della sua posizione lo schema costruttivo assumeva la forma di una L, di una C, oppure di una U.

Alte, snelle e numerose: l'importanza delle aperture della facciata

Tale suddivisione degli spazi si ripeteva anche in verticale, sulla facciata principale, dettando la posizione delle aperture: il piano terra si apriva con un ampio portico per l’ingresso principale, mentre al piano superiore le aperture venivano collocate più fitte al centro, in corrispondenza del salone per poter illuminare l’ambiente centrale di ampie dimensioni; le laterali, invece, erano più rade per dare luce agli ambienti più piccoli. Le aperture erano sempre numerose e molto slanciate in altezza, poiché la facciata sull’acqua era la fonte di luce naturale principale, e molto spesso anche l’unica. Il motivo di un numero così significativo di aperture, alte e slanciate, sta nel fatto che la facciata non svolgeva mai una funzione strutturale, affidata, invece, ai muri laterali.

Posizione, forma e decoro delle aperture: ad ogni epoca la sua

Ogni epoca ha tradotto nel proprio canone linguistico ed artistico questo schema: traduzione che ha portato alla nascita di gioielli architettonici unici nel loro genere. Non è difficile, anche per gli occhi non esperti, leggere i segni caratteristici di un palazzo e dedurne a quale epoca questo appartenesse. In questo esercizio che tutti possiamo fare, una chiave di lettura fondamentale è senz’altro la tipologia delle aperture: la posizione, la forma ed il decoro possono svelarci l’epoca in cui il palazzo nacque.

Una prima differenza possiamo trovarla osservando la loro posizione sulla facciata principale che ci svela anche la posizione del salone del feste al piano nobile. Se le aperture del piano nobile sono disposte sull’intera facciata vuol dire che il salone delle feste è disposto parallelamente alla facciata, assumendone la stessa lunghezza creando la forma di una T rovescia detta a crozzola, mentre gli ambienti che lo affiancano prendono luce o dalle finestre delle facciate laterali o direttamente dal salone centrale nel caso in cui palazzo era affiancato e chiuso ai lati da un altro edificio: siamo in epoca romano/bizantina. Se le aperture sono concentrate al centro della facciata mentre quelle laterali sono più rade vuol dire che il salone è disposto perpendicolarmente alla facciata, mentre gli ambienti laterali diventano squisite stanze d’angolo: l’epoca è senz’altro gotica. In epoca rinascimentale, fino al barocco per arrivare sino al neoclassicismo, le aperture vengono posizionate con cadenza regolare su tutta la facciata, ma vedremo più avanti che non sempre rispecchiano la posizione del salone delle feste.