La Casina delle Rose: da Antonio Canova al principe Fritz Hohenloe

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Lungo il Canal Grande, accanto al Palazzo Corner e proprio di fronte al Palazzo Venier dei Leoni, si cela un piccolo tesoro di storia e di cultura veneziana che non in molti conoscono: si tratta della cosiddetta Casetta Rossa conosciuta anche come Casina delle Rose. Come ricordato da Gino Damerini, la storia del piccolo edificio iniziò alla fine del XIX secolo, quando il principe austriaco Fritz Hohenloe acquistò un piccolo terreno occupato solo da una casupola e da un giardino. Secondo alcune fonti storiografiche la piccola catapecchia acquistata dal nobile era stata per un breve periodo lo studio del giovanissimo Antonio Canova. Il celebre scultore di Possagno vi avrebbe realizzato, infatti, alcune delle sue prime sculture, tra le quali il famoso Dedalo e Icaro del 1779 oggi conservato al Museo Correr. Il principe affidò la costruzione della futura Casina  all'architetto Domenico Rupolo, Soprintendente all'Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti del Veneto fin dal 1892. Fu grossomodo in quegli anni, secondo le fonti storiografiche più accreditate, che il Rupolo cominciò la costruzione dell'edificio, discostandosi molto, però, dalle sue più celebri realizzazioni come Villa Romanelli e Villa Terapia, contraddistinte da un eclettismo di stampo neo-medievale e neo-romanico. È molto probabile che l'architetto abbia seguito i gusti del committente nel suo progetto, data l'impronta tipicamente austriaca della realizzazione finale. Anche la presenza del piccolo giardino prospiciente il Canal Grande risulta essere un'anomalia rispetto alla tradizione veneziana. La Casina presentava un pianterreno e un primo piano per i nobili proprietari e un secondo per ospitare la servitù. Il pianterreno si componeva di due minuscoli anditi e di due salotti che davano sul giardino e di una sala da pranzo: solo alcuni brevi modifiche saranno aggiunte alla struttura nei decenni successivi dai futuri proprietari della piccola villa. Il principe di Hohenloe, tra i principali esponenti dell'aristocrazia europea della Belle Époque, colto ed erudito antiquario, trasformò l'antica stamberga in un gioiello raffinato e prezioso, ricco di opere d'arte da lui stesso selezionate: un salotto animato dalle più grandi personalità della cultura di quei tempi magici e incantati.

La Casina, amata dimora di Gabriele D'Annunzio

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Il principe Fritz Hohenloe dimorò nella Casina delle Rose con la propria consorte fino allo scoppio della Grande Guerra. Costretto ad abbandonare l'Italia, decise di affittare la propria abitazione trovando subito un ospite di tutta eccezione, cioè il grande letterato Gabriele D'Annunzio, da poco giunto in città per organizzare il suo attivo intervento nel grande conflitto. In una famosa lettera scritta al proprio avvocato il celebre poeta così si esprimeva al riguardo: "cerco da qualche tempo un rifugio silenzioso dove io possa mettere in ordine le mie note [...] Come Mariano mi fece sapere, Fritz era disposto ad affittare la Casetta rossa, oggi [...] sono andato a rivedere quel luogo d'amicizia, non senza tristezza. Parva Domus magna quies."

Nel settembre del 1915 D'Annunzio cominciò il suo soggiorno alla Casina usufruendo di un contratto d'affitto agevolato grazie all'intermediazione del pittore Mariano Fortuny. Lì trovò anche il personale domestico del principe, e tutte le suppellettili settecentesche che il poeta amò alla follia e che già aveva avuto modo di apprezzare anni addietro nei suoi soggiorni veneziani. Infatti, in un taccuino del 1896, così aveva descritto la sua futura alcova: "La casa del principe Hohenloe. Deliziosa. È a San Maurizio con un piccolo giardino davanti, è piccola, quasi una casa di bambola. Tutta rossa di fuori. Di dentro delicatamente addobbata nello stile Luigi XVI e Impero (italiano)."

La Casina divenne il suo quartier generale, dove pianificava le sue imprese belliche, dove si dedicava, di notte, alla Letteratura, dove si circondava, quando poteva, di amici, artisti e letterati. Nel 1916 D'Annunzio, a causa di un incidente aereo occorsogli durante una missione bellica a Trieste, restò immobile e temporaneamente cieco. Bloccato nel buio della sua stanza, l'autore compose il funereo Notturno, scrivendo a matita più di diecimila striscioline di carta amorevolmente tradotte e battute a macchina dalla figlia Renata. Ecco un passo dell'opera dove l'autore ne descrive la singolare genesi: "Ho tra le dita un lapis scorrevole. Il pollice e il medio della mano destra, poggianti su gli orli della lista, la fanno scorrere via via che la parola è scritta […]. Sento in tutta la mia attitudine la rigidità di uno scriba egizio scolpito nel basalto. La stanza è muta d’ogni luce. Scrivo nell’oscurità."

Era la guerra. D'Annunzio si riprese e continuò a combattere, ma la Casina entrò anch'essa nel mirino del fuoco nemico, rischiando più volte di essere bombardata. Alla fine del grande conflitto, il poeta lasciò malinconicamente e per sempre la sua dimora veneziana. Prima di andare via piantò un melograno nel giardino ad eterna testimonianza della sua umana avventura sul Canal Grande.

L'ultima stagione della Casina: da Schapira Levi Broglio alle case d'asta

Dopo l'avventura dannunziana, la Casina venne acquistata dall'industriale Levi Broglio. Ma fu la figlia del grande magnate Evelina Schapira Levi Broglio ad inaugurare la terza ed ultima stagione della Casina delle Rose. Evelina è stata mattatrice incontrastata dell'alta società milanese ed internazionale per molti decenni e grande mecenate ed amante dell'arte e della moda: tra le sue amicizie si possono annoverare infatti, personaggi del calibro di Gianni Versace e Karl Lagerfeld. Grazie a lei, il salotto della Casina si rianimò come ai tempi dei suoi predecessori, con feste mondane e ricevimenti di gran lusso. Purtroppo alla sua morte, avvenuta nel 2007, è cominciato il lento declino della gloriosa villa veneziana. Tra il 2010 ed il 2014, infatti, in due differenti vendite all'asta, sono stati esitati ben 15 mila pezzi del prezioso guardaroba della Brogli, ceramiche, bronzi, vetri di Murano, mobili settecenteschi ed una rara edizione del Notturno xilografata dal De Carolis, un Ritratto di giovane donna di Fra Galgario, una Madonna del Sassoferrato e numerosi capolavori del settecento napoletano. E, dulcis in fundo, il letto dove D'Annunzio riposava le sue stanche membra. Un'emorragia di opere d'arte che sicuramente avrebbe fatto impallidire i suoi illustri proprietari. Attualmente il destino della nobile Casetta è ancora incerto, anche se sembra scongiurato il rischio di una sua trasformazione in bed and breakfast. L'immobile, infatti, è attualmente vincolato ed è posto sotto la protezione della Fondazione del Vittoriale degli Italiani.

Ai posteri l'ardua sentenza.