Può sembrare paradossale ma la città di Venezia ha sempre avuto notevoli difficoltà nell'approvvigionamento dell'acqua potabile. Come scriveva lo storico e cronista veneziano Marin Sanudo "Venezia è in aqua et non ha aqua", perchè alla Serenissima mancavano del tutto rami di acqua dolce, presenti solo al Lido, dove il ritrovamento di pozzi formatisi grazie all'accumulo di acqua piovana poi filtrata da strati di sabbia è stato alla base della tipologia costruttiva dei pozzi alla veneziana. Il rifornimento di acqua potabile era vitale e le autorità promossero da subito con grande energia l'iniziativa di privati cittadini, soprattutto quelli di ramo nobiliare, poichè si trattava di costruzioni strutturalmente complesse ed impegnative dal punto di vista economico: si costruiva il pozzo e poi lo si donava alla città, dando così anche lustro alla famiglia. Nei primi anni del 1300 il Maggior Consiglio ordinò la costruzione di circa 50 pozzi ed era tale l'importanza di tali costruzioni che dopo solo una decina di anni, nel 1386, fu istituita la Corporazione degli Acquaioli che si occupava della faccenda nello specifico, a cui si aggiunsero poi ben 3 magistrature: i Provveditori di Comune ai quali era affidato il compito di sorvegliare i lavori di costruzione e manutenzione, il Magistrato delle acque che invece sorvegliava il canale artificiale del fiume Brenta dal quale si attingeva l'acqua in caso di siccità, e il Magistrato alla Sanità per l'importante aspetto sanitario. L'aspetto sanitario, dunque, era di fondamentale importanza, e oltre a queste corporazioni pubbliche, anche ai parroci e ai capicontrada erano affidate le operazioni di sorveglianza e soprattutto di custodia dei pozzi: erano costoro a custodirne le chiavi, perchè i pozzi non erano sempre aperti, ma l'accesso e il prelievo dell'acqua era consentito solo 2 volte al giorno, al mattino e alla sera, quando suonava la campana dei pozzi.

Il pozzo così costruito veniva chiuso con un elemento in pietra, chiamato in gergo veneziano "vera da pozzo", ed è quello che noi vediamo dei pozzi sotterranei: nate come semplice elemento terminale di chiusura, col tempo divennero piccole opere d'arte, ornamento di campi e cortili.

La realizzazione di queste particolari strutture proseguì anche nei secoli successivi: intorno alla metà del XIX secolo l'Ufficio Tecnico Comunale di Venezia schedava ben 6046 pozzi privati, mentre quelli pubblici erano solo 180. Dopo qualche anno, però, con il compimento dell'acquedotto pubblico, questa secolare tradizione s'interruppe: i vecchi pozzi andarono via via in disuso, e molti di essi furono addirittura tompagnati con strutture metalliche o cementizie.


Come si costruivano i pozzi a Venezia

Chiarito che nella città di Venezia era assai difficoltoso reperire acqua potabile, la costruzione di un pozzo rimaneva l'unica soluzione possibile. Di solito, altrove, si realizzavano i classici pozzi artesiani che avevano accesso diretto ad una sorgente sotterranea. Ma in Laguna mancando una vena di acqua dolce si doveva in qualche modo sfruttare l'acqua piovana. Questo fattore influenzava profondamente la costruzione dei pozzi alla veneziana: infatti, era condizione indispensabile che attorno al pozzo fosse presente una vasta area di raccolta dove potessero defluire, e quindi accumularsi, le acque meteoriche. E' per questo che la costruzione avveniva per lo più in campi e cortili, spesso di notevoli dimensioni. Ma non tutte le zone presentavano un impluvium naturale e dunque talvolta era necessario rialzare l'area interessata, come è facile vedere in Campo Sant'Angelo, o nel Campo della Chiesa di San Trovaso, o ancora alla Piazzetta dei Leoncini di San Marco.

Una volta prescelta la zona adatta, questa veniva scavata per circa sei metri: il traforo era rivestito con una coltre di argilla impermeabile e poi ricolma di strati di sabbia con la funzione di filtro. La raccolta dell'acqua piovana avveniva tramite le cosiddette pilelle, dei tombini in pietra d'Istria collocati simmetricamente alla canna del pozzo. La canna del pozzo, invece, era posta al centro dell'area prescelta: veniva posta su di una struttura discoidale in pietra d'Istria, e costruita con degli specifici mattoni denominati pozzali. La parte superiore del pozzo, quella esterna, era la cosiddetta vera, sovente costruita con pietra d'Istria ed abbellita con decorazioni di alto valore artistico. La sua funzione era duplice: evitare la caduta accidentale di persone ed oggetti all'interno del pozzo e fungere da sostegno a chi prelevava l'acqua, rendendo più agevole l'operazione. Col passare dei secoli la decorazione delle vere si fece sempre più articolata, assumendo il ruolo di vere e proprie piccole opere d'arte: spesso erano realizzate con materiale di spoglio archeologico, come i capitelli degli antichi edifici romani, oppure arricchite con elementi ispirati alla natura come piante, fiori e frutta, o addirittura con animali dal carattere fiero come pavoni e leoni, ma anche con putti e angeli. Quasi tutte tra gli ornamenti recavano lo stemma o l'arma della famiglia che aveva fatto costruire il pozzo, come elemento connotativo e riconoscitivo. Il tocco finale era rappresentato dai masegni della pavimentazione, che raccordavano il pozzo al campo o alla piazza scelta per la sua costruzione.  

Le vere da pozzo come vere opere d'arte

Oggi sono all'incirca 600 i pozzi veneziani superstiti, sopravvissuti all'avvento della modernità. Deprivati della loro fondamentale funzione pubblica, restano viva testimonianza della storia urbanistica ed artistica veneziana, soprattutto per l'alto valore delle loro decorazioni, le vere: dal latino tardo-medievale viria, braccialetto, o in gergo tecnico puteali o ghiere, sono in alcuni casi delle autentiche opere d'arte, e meritano di essere annoverate tra quei monumenti imperdibili che caratterizzano esclusivamente la città di Venezia.

Ma quali sono le principali vere da pozzo che oggi potete ancora ammirare? Eccone una breve lista:

  • nella Cà d'Oro sul Canal Grande, la splendida vera realizzata in marmo rosso di Verona nel 1427 da Bartolomeo Bon;
  • nel cortile interno di Palazzo Ducale i due capolavori in bronzo realizzati rispettivamente da Nicolò dei Conti nel 1556 e da Alfonso Alberghetti entro il 1559;
  • al Museo Correr, un esemplare di età paleocristiana databile al V secolo, esempio di "recupero archeologico";
  • in Campo San Giovanni e Paolo, una vera circolare, degli inizi del XVI secolo realizzata in pietra d’Istria, qui traslocata da Palazzo Corner in San Maurizio nel 1824;
  • in Campo Santa Maria Formosa la vera cilindrica in pietra d'Istria datata al 1755, coeva ai restauri dei due pozzi pubblici;
  • in Campo Santo Stefano, la vera circolare in pietra d'Istria realizzata nel 1724;
  • nel chiostro di Sant'Apollonia, la vela di forma cubica decorata ad anfore, d'incerta datazione; 
  • in Campo dell'Angelo Raffaele, la vela realizzata nel 1349 come ex-voto dalla famiglia Ariani per la peste del 1348;
  • in Piazzetta dei Leoncini di San Marco, l'unico pozzo dell'intera area marciana.

Le altre vi attendono per le strade di Venezia, nei campi, nei chiostri, silenziose testimoni della lunga e gloriosa storia della Serenissima. 

Divertitevi a scovarle....