Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei. Eh si, perchè la storia di una città, a volte di una nazione, molto spesso passa anche per la cucina, per le sue tradizioni gastronomiche. Ed è così anche per Venezia. Se ci pensate, quando visitate la città vi rendete conto che è "tutta città", completamente assenti gli spazi verdi, fatta eccezione per quelli dedicati al tempo libero. Venezia non ha un "fuori porta", quantomeno così era nei secoli addietro, essendo del tutto isolata dalla terraferma. Difficile coltivare quei beni di prima necessità, basilari per la sopravvivenza di ogni comunità. Ma i veneziani erano uomini abili ed astuti e ben presto capirono come sopperire a certe mancanze, e trarne addirittura guadagno, aprendo la strada ad una cucina molto internazionale.
Ed allora vedremo come la storia della cucina veneziana rispecchia quelle che sono le vicissitudini che hanno portato alla grandezza della Serenissima.
Dall'Oriente alla Mitteleuropa: la cucina fusion di Venezia
La Repubblica di Venezia era diventata in poco tempo una grande potenza commerciale, la prima a battere i mari, con le navi realizzate all'Arsenale, verso Oriente: bastò poco e la Serenissima divenne la porta tra il mondo orientale e quello occidentale, stabilendone anche i tempi di apertura e chiusura. Un primato assoluto: l’interscambio con popoli così lontani, spesso ospitati anche in città per questioni di commercio, hanno segnato la sua storia, anche quella culinaria. Ed è questa la chiave di lettura delle origini della gastronomia veneziana, che ci aiuta a comprendere perchè determinati alimenti, alcuni piatti apparentemente lontani culturalmente si sono poi così fortemente radicati in Laguna: la commistione di popoli e culture. Già, l'unione tra popoli completamente diversi, la compenetrazione di una cultura nell'altra, il dialogo, l'ospitalità: la cucina veneziana fu una delle prime a confrontarsi con le cucine del mondo, accogliendone segreti e sapori, creando una fusion al tempo incredibile e moderna.
Rileggendo la storia della cucina veneziana notiamo come questa sia così fortemente connotata dalla presenza delle spezie. Dal latino species, che vuole indicare qualcosa di eccezionale, che fugge il consueto. Queste particolari, profumate e colorate polveri provenivano dalle lontane terre d'Oriente, portando con loro il fascino di sensazioni sconosciute, avvolte da un alone di mistero e mito, proprio delle cose sconosciute. Dunque cominciarono a farsi spazio nella cucina veneziana il pepe, l'uvetta, lo zenzero, lo zafferano, la noce moscata, la cannella, i chiodi di garofano. Erano utilizzate in moltissimi piatti della gastronomia del tempo, sia di carne che di pesce, sia nelle squisite preparazioni dolci: tutte delizie che ritroviamo ancora oggi sulle tavole delle famiglie e su quelle delle osterie più antiche ed autentiche.
E a dire il vero si usavano anche in grosse quantità, poichè si pensava che queste avessero un gran potere benefico contro le malattie, soprattutto quelle dello stomaco: il legame tra gastronomia e benessere ne comportò un uso estremamente abbondante, quasi eccessivo, cosa che col tempo si è fortunatamente affievolita. Palati forti i veneziani!
Ma i veneziani erano uomini astuti e capirono subito che la particolarità del prodotto, l'esotica provenienza, il costo elevato potevano trasformarlo in uno status symbol: compresero che bastava l'esclusività del mito per rendere fortemente desiderabile questa merce, creando la domanda invece dell'offerta. Praticamente nacque il marketing. Venezia assunse così il monopolio del commercio delle spezie tra il mondo dell’Est e quello dell’Ovest: la preziosa merce arrivava dall'Oriente a Rialto dove gli spezieri realizzavano i primi packaging della storia, i famosi "sacheti veneti di speciarie veneziane", miscele ready to use per tutti i gusti, che venivano commerciati in tutto l'Occidente. Nacque così la mitica via delle spezie, esotica, preziosa e molto danarosa.
Il frutto della conoscenza di questi prodotti così profumati e forti al palato, e la loro introduzione nella quotidianità fu una cucina speziata, che univa il sapore dolce con quello piccante, quello sapido con quello agro. Particolare, internazionale.
Ma dall'Oriente i veneziani portarono in patria un altro elemento fondamentale della loro storia culinaria: il riso. Tanto era costoso che veniva venduto a chicchi, contati uno ad uno. Se ne poteva utilizzare una piccolissima quantità e veniva di solito impiegato per addensare le minestre, dopo essere stato ridotto in polvere in un mortaio. Bisognerà aspettare molti secoli per poter gustare un vero piatto di risotto.
Un terribile naufragio, invece, permise l'introduzione del re delle tavole veneziane: il baccalà. E’ la prima metà del Quattrocento e il navigatore Piero Querini, salpato alla volta di Fiandre, col suo equipaggio fu sorpreso da una terribile tempesta nei mari del nord, a seguito della quale naufragò alle Isole Lofoten, al largo della Norvegia. Sbarcarono sull’Isola di Røst dove il Querini manifestò molta curiosità per lo strano pesce che quelle genti consumavano: un pesce fresco che per essere conservato veniva salato oppure essiccato al timido sole del Nord diventando duro come un pezzo di legno, e che con un legno veniva battuto per poter essere poi consumato. Dopo 3 mesi circa, al momento del rientro in Laguna, Querini decise di portare con se questo stoccafisso, che presentò al cospetto del Maggior Consiglio e del Doge, e che cominciò ad essere timidamente consumato dalla popolazione che pareva gradirne il sapore. Occorrerà aspettare più di un secolo affinché lo stoccafisso entri di diritto nella cucina tipica e quotidiana dei veneziani, quando il Concilio di Trento sancì l’astinenza dalle carni per duecento giorni: come degno sostituto venne decretato questo pesce venuto dal Nord, che doveva consumarsi il mercoledì ed il venerdì. Tutto chiaro, tranne il motivo per cui i veneti hanno sempre chiamato bacalà (rigorosamente con una sola c) quello che in realtà è stoccafisso, versione senz’altro più pregiata e gustosa.
E' l'anno Mille quando i crociati portarono in Laguna per la prima volta lo zucchero. La diffusione fu immediata, grazie anche alla nobile famiglia Corner che acquistò intere piantagioni di canna da zucchero tra Cipro e Creta, rendendone più facile l'utilizzo del prodotto finito in città. L'opulenza della cucina veneziana era anche un modo di manifestare la grandezza della Repubblica, ragione per cui i Dogi commissionavano delle vere e proprie sculture da esibire durante i banchetti di stato ricavate da blocchi di zucchero: anche l'artista Antonio Canova si è trovato spesso a scolpire nello zucchero. Pensate un pò!
A Venezia però il palato non veniva deliziato solo con prelibatezze culinarie che sapevano di Oriente, ma anche, o forse soprattutto, con i vini. Le malvasie erano antichissime enoteche dove si potevano acquistare e degustare vini di qualità, disseminate in tutta la città: ecco perchè in ogni Sestiere potete trovare una Calle Malvasia. Robusti i veneziani, con una grande capacità di tollerare l'alcool, consumatori delle famose ombre de vin. Durante la dominazione austriaca, nel Settecento, i soldati che stazionavano in città avevano preso ad imitare i veneziani e ad andare per malvasie a sorseggiare vini. Non parlavano una parola della lingua locale e dunque richiedevano il loro bicchiere di rosso chiamandolo con la loro lingua: "ein spritz". Eh si, lo stesso nome che oggi porta il famoso cocktail immancabile in ogni aperitivo. Quel vino, però, per gli austriaci era troppo forte e chiedevano di alleggerirlo con l'acqua: inconsapevolmente stavo dando vita allo spritz che beviamo oggi. Questa bevanda annacquata però non era affatto gradita ai veneziani che sostituirono l'acqua con qualcosa di più robusto, come bitter e select. Ma un drink non può bersi mica a stomaco vuoto! Allora fu aggiunta l'oliva in stecco ed una mezza fetta di arancio o limone, e lo spritz era servito.
Uno spritz, grazie!
La cucina del territorio: i prodotti della Laguna e i piatti tipici
La cucina veneziana, come abbiamo detto, era una fusion di culture e usanze di popoli lontani. Ma Venezia ha anche uno straordinario territorio che regala prodotti di eccellenza, che nel tempo hanno trovato una incredibile sinergia con le cucine internazionali protagoniste della storia della Serenissima.
E' il 500 quando i mercanti smettono di riempire le stive dei loro mercantili e i veneziani volgono il loro interesse verso al terraferma: si bonificarono i terreni e si investì sull'agricoltura, rivoluzionando il territorio e la gastronomia.
Le terre lagunari di Cavallino, Malamocco, Pellestrina, Lido, le isole di Torcello e Sant'Erasmo si popolarono di orti e vigneti, crogiolandosi nella brezza marina, baciate dal caldo sole, e regalarono prodotti straordinari.
Tra i migliori riconosciamo il carciofo violetto di Sant'Erasmo, da cui vengono ricavate le castraure, i fondi dell'ortaggio preparati di solito in umido che riempiono i banchi di tutti i mercati veneziani.
Terre ricche di asparagi selvatici e bruscandoli, punte terminali della pianta giovane del luppolo, zucche gialle e saporiti radicchi, cipolle bianche e tonde da abbinare a carne e pesce, piselli e fagioli.
La possibilità di coltivare il grano ha regalato poi un altro eccezionale prodotto della cucina lagunare: la polenta. Utilizzata come accompagnamento di piatti più complessi, viene quasi sempre scelta nella sua versione bianca. Le acque del mare regalano sarde e sardelle per il saor, peverasse (vongole) per gli spaghetti, peoci (cozze) per le zuppe, cappesante e ostriche; quelle della Laguna, invece, deliziose schie, minuscoli gamberi che vanno mangiati in un sol boccone, il pesce ghiozzo, detto gò, per l'ottimo risotto, fino alle moeche, piccoli granchi in fase di muta, fritti e costosissimi.
Ma cosa gustare quando si arriva in città? Quali sono i piatti da assaggiare per portarsi via una gustosa cartolina culinaria?
La vera cucina tradizionale veneziana oggi è fatta di piatti semplici e nutrienti, ricchi di sapore che legano spesso il dolce al salato, l'agro al piccante.
Impossibile non assaggiare il bacalà mantecato, una crema realizzata col pesce cotto per lungo tempo e servita con fette di polenta grigliata. Preparato senza panna nè aglio, mi raccomando. E’ mio piatto preferito!
Le sarde in saor, specialità nata per conservare il pesce fuori dal frigo per lungo tempo, che unisce il pesce delle nostre terre con le spezie orientali. Un perfetto equilibrio tra dolcezza e acidità.
Il fegato alla veneziana, cucinato con una quantità sostanziosa di cipolle cotte per lungo tempo fino a renderle quasi una crema. Vi stupirete per la dolcezza del piatto.
Risi e bisi (riso e piselli), vanto d'ogni buona massaia, è il piatto veneziano per eccellenza: servito durante i banchetti dati dal Doge, oggi è la pietanza della festa di San Marco. Gustoso e delicato.
Bigoli in salsa, pasta fresca preparata con una crema di acciughe e cipolle ridotte in salsa. Per palati decisamente forti.
Seppie al nero, accompagnate con polenta grigliata. Sorridete con parsimonia poi.
Granseola, cucinata con olio, sale, pepe e limone. Leggera e gustosa. Se siete a dieta…
Polenta e schie, minuscoli e delicati gamberetti serviti su una polenta cremosa e morbida. Assolutamente tipico.
Se avete voglia di dolce, la pasticceria veneziana è fatta per lo più di preparazioni secche e speziate, profumate e saporite. Baicoli da inzuppare, zaeti allo zafferano, bussolà che profumano di burro e vaniglia, pevarini al pepe, pan del doge morbido e speziato, fritole morbide e zuccherose.
Ma non avete l'acquolina in bocca?!
L'osteria veneziana: da quelle antiche a quella contemporanea di Riccardo
Quando si parla di cucina veneziana non si può prescindere dal parlare delle osterie. La cucina, il cibo sono anche, forse soprattutto, convivialità, condivisione di un bel momento con le persone care, amici e parenti: basta un bicchiere di vino, un buon piatto preparato con amore, due chiacchiere con un amico per sentirsi felice. E i veneziani questo lo sapevano bene, maestri del buon vivere!
Le osterie veneziane presero il posto delle antiche malvasie in cui si mesceva il vino: si trascorreva il tempo, magari dopo il lavoro, tra un ombra di vin e un cicchetto in compagnia.
Oggi, in una città molto cosmopolita, in cui i bacari sembrano trasformarsi in bar anonimi, in cui un buon cicchetto viene sostituito con un trancio di pizza industriale, di menù turistici tutti uguali di dubbia qualità, le osterie vere, quelle autentiche son rimaste poche. Ma ci sono, eh! Sono quei locali frequentati dai veneziani, che hanno i piedi nella tradizione e le braccia tese alla cucina contemporanea. E' il caso di Riccardo, magnifico oste/chef dell'Osteria Contemporanea, a pochi passi dalla Cà d'Oro.
Tipo tosto Riccardo, un oste deciso, appassionato e dal polso fermo, che non si è piegato alle regole del consumismo, del cibo fast, dei menù turistici commerciali e commercializzati, per cui si definisce e definisce la sua cucina non democratica. La sua è una cucina veneta, tradizionale ma molto contemporanea: i sapori della storia e della laguna ci sono tutti, come ci sono anche i ricordi della sua infanzia ai fornelli di famiglia, ma sono proposti con abbinamenti nuovi, tecniche di preparazione moderne, un linguaggio internazionale che non si separa mai dall'amore e dalla passione, per piatti che si fanno ricordare.
Alla base dei piatti di Riccardo c'è una ricerca forsennata e precisa di materie prime di eccellente qualità, capaci di offrire sempre un'esperienza gastronomica inaspettata e diversa ogni giorno: territorialità e stagionalità sono le parole d’ordine per una cucina sana, buona, ricercata, bella! E' ciò che offre quotidianamente il mercato a creare il menù alla carta. A questo si affiancano proposte di degustazione per ogni palato: menù degustazione veneziano per i piatti tipici, oppure esclusivamente di carne o pesce, o di crudités di pesce, o per clienti vegetariani, per un totale di sette scelte, ognuna delle quali prevede dalle 3 alle 5 portate.
Riccardo mixa prodotti della terra, del mare e della Laguna per una cucina creativa e suggestionale: profumi ed accostamenti di consistenze diverse che regalano al palato vere esplosioni di sapori. Le creazioni dello chef si accompagnano ad una selezione di vini di qualità: il personale di sala, preparato ed accogliente, saprà consigliarvi nella scelta e negli abbinamenti migliori e più indicati.
Cosa vi consiglio? Beh, assaggiate il bacalà mantecato servito con fagiolini croccanti e nocciole: alla morbidezza della crema di pesce lo chef contrappone il croccante delle verdure, per una piacevole altalena di consistenze che deliziano il palato.
Io adoro il saor tutto contemporaneo di gamberi, melograno e pistacchi: la dolcezza dei gamberi bilanciata dall'acidità del melograno, sublimata dalla croccantezza del pistacchio. Un equilibrio perfetto.
Vi consiglio di provare le paste di Riccardo, tutte realizzate con grani antichi trafilati a bronzo, preparate con sughi di carne, di pesce o di verdure. Il pesce è sempre fresco e se ne amate la consistenza vi consiglio assolutamente i crudi: il mare in bocca.
Il locale è arredato con gusto: uno stile moderno e minimale, con un'ampia vetrata sulla città, in una zona tranquilla e riservata, in cui trovano spazio arredi sobri, mai banali ma con una forte personalità. Splendido il pavimento, antico in tipico stile veneziano. La mise en place è giovane ed essenziale, regala una sensazione di familiarità, mette a proprio agio.
Riccardo, chef eclettico e poeta audace della sua meravigliosa cucina.
Osteria Contemporanea, cucina non democratica ma molto rock!
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