La Serenissima è stata la culla di uno dei più grandi architetti della storia dell’Occidente. L'influenza di questa figura è risultata duratura e profonda, incidendo nell’evoluzione dell’architettura per diversi secoli. Si tratta di Andrea Della Gondola, universalmente noto come Andrea Palladio. La sua storia è iniziata, si è concentrata e conclusa sempre all’interno dei confini del Veneto, dopodiché, la sua eredità si è diffusa dalla regione di provenienza all'Europa, raggiungendo perfino gli Stati Uniti ed è ancora lontana dall'essere conclusa.

Palladio è, infatti, il padre delle gloriose chiese veneziane di San Giorgio Maggiore e del Redentore, degli eleganti palazzi pubblici vicentini quali la Basilica e la Loggia del Capitaniato e, più di ogni altra cosa, delle favolose ville sparse in tutta la regione, commissionate dall'élite aristocratica del suo tempo. Villa Malcontenta, Villa Rotonda, Villa Contarini, Villa Emo, Villa Barbaro sono solo alcuni dei palazzi rurali da lui progettati nel corso della sua carriera. Queste opere hanno avuto un ruolo fondamentale nella storia dell’architettura, soprattutto negli stati protestanti come l'Inghilterra e la Germania, raggiungendo infine, come già detto, anche gli Stati Uniti.

Palladio è stato il simbolo di una civiltà di alti valori estetici e morali, ispirando molti altri grandi architetti, come Le Corbusier e Thomas Jefferson, ed edifici grandiosi come la Casa Bianca e il Campidoglio a Washington. La sua eredità è stata così straordinaria che l'America lo ha riconosciuto "Padre dell'architettura americana" nel 2010.

Palladio e la strada verso il successo

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Da una famiglia di origini modeste, il nostro architetto nasce a Padova nel 1508 e, per tutta la sua adolescenza, lavora come umile lapicida e scalpellino. Per fortuna, il ‘500 era un buon periodo per un artista ambizioso e la vicinanza a Venezia consisteva in un altro grande vantaggio. Il Rinascimento stava vivendo il suo massimo splendore, al momento era ancora lontano dall'essere completamente ricolmo e quindi aperto a ricevere nuove idee e supportare audaci tentativi. Questo giovane scalpellino si trovò nel posto giusto e al momento giusto per raggiungere il successo.

L’occasione della vita si presentò sul finire dei suoi vent'anni, quando incontrò l'intellettuale Gian Giorgio Trissino, mentre lavorava nella sua tenuta di campagna, Villa Trissino. Egli era un mecenate umanista innamorato di Vitruvio e dell'antica architettura romana, che, avendo notato il giovane Andrea e le sue abilità manuali, decise di diventare suo mentore. Di conseguenza, lo introdusse negli ambienti aristocratici vicentini, gli presentò l'élite veneziana, brulicante di accademici e di scrittori, e lo supportò nel suo processo di scoperta della sua vocazione architettonica. Della Gondola, quindi, iniziò il suo percorso formativo studiando l’architettura greco romana, educandosi al classicismo e viaggiando più volte con Trissino a Roma. Qui disegnò, rilevò, misurò monumenti e preparò il materiale necessario per le sue future grandi opere. Da semplice scalpellino, si trasformò, finalmente, in un architetto di fama mondiale pronto a sfidare sé stesso e lo status quo architettonico. Ricevette anche un nome d'arte, Palladio, un'allusione al personaggio mitologico di Pallade Atena e all'antichità classica a cui la sua arte è sempre stata legata. A Roma ebbe anche la possibilità di conoscere ed apprezzare le opere degli architetti più o meno contemporanei, come Bramante, Raffaello e Peruzzi. Il classicismo palladiano, perciò, nasce dal connubio armonioso tra antichità e modernità, senza mai cadere in servili imitazioni, ma a cui Palladio aggiunge una propria visione innovativa.

Egli credeva che gli elementi classici potessero nobilitare l’edificio, grazie alla loro capacità di ricollegarsi ad un tempo lontano ed edificante. Le sue costruzioni presentano quindi forme antiche, capaci di esaltarne la dignità e la grazia. Esse rispondono anche ad un senso delle proporzioni che deriva dal passato, con relazioni armoniche degli elementi architettonici e precisione geometrica tra le parti. Gli edifici seguono il senso del decoro, presentando solo gli elementi più consoni ad ogni particolare situazione. Questi principi sono la base del suo lavoro all'antica e si presentano sotto forma di facciate antiche, colonne, trabeazioni e decorazioni in stile classico.
Tuttavia, egli intendeva anche rimanere legato al suo tempo, progettando architetture attuali, significative ed espressive per la società in cui viveva. Infatti, egli poneva attenzione anche alla funzione dell’opera, sostenendo che la forma degli edifici dovesse derivare dal loro scopo. Si affidava, quindi, al genius loci, ossia al significato di un luogo. Le sue idee coinvolgevano non solo singole costruzioni, ma anche le città nel suo insieme, che interpretava come creature viventi, con i loro personali caratteri culturali e morali.

Vicenza come una nuova Roma

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Palladio era molto legato a Vicenza, la sua città adottiva, che all’epoca dimostrava una certa autorevole autonomia culturale e quindi desiderava sganciarsi un po’ dall’imponente dominio veneziano. Qui l'architetto trasformò il centro della città, convertendolo in un’area raffinata e classicheggiante.
Il suo primo incarico pubblico importante iniziò nel 1546, quando fu nominato per il rifacimento della copertura esterna del gotico Palazzo della Repubblica. Nonostante molti illustri artisti prima di lui avessero presentato progetti di ricostruzione, tutti vennero respinti a favore di questo giovane architetto locale, ancora in gran parte sconosciuto. Palladio aggiunse alla preesistente costruzione gotica un'elegante facciata in pietra bianca, caratterizzata da un motivo a rombi in marmo rosso e giallo e ancora visibile dietro la nuova struttura. Il suo progetto risulta adattarsi sia allo stile gotico del vecchio edificio, sia alla dimensione classica del nuovo progetto, dando vita a una composizione di grande delicatezza proporzionale, sobria ma spettacolare. Più precisamente, la facciata è costituita da una loggia con colonne al pian terreno e da una galleria esterna con aperture a serliana al primo piano. L'architettura è solenne ma non pesante, vivace nel rapporto tra pieni e vuoti, agile negli effetti di luci e ombre, ritmica nell’alternarsi di curve e linee rette.
La terrazza superiore toglie rigore geometrico all’edificio, al di là del quale fa capolino l’antico tetto, a forma di carena di nave rovesciata. Gli elementi architettonici della nuova facciata sono la perfetta rappresentazione plastica del significato dell’edificio, ribattezzato Basilica, per ricollegarlo alle basiliche romane e alle sue funzioni pubbliche. Maestà, contrasti di luce e ritmo incalzante creano un forte impatto visivo, rendendo l'edificio il principale tesoro di Vicenza.


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A sovraintendere il cantiere c’era il Conte Girolamo Chiericati. Questa figura influente dell'aristocrazia vicentina era, insieme a Trissino, un importante sostenitore del Palladio. Fu lui a convincere il Comune a designarlo per il progetto della Basilica e, nel 1550, commissionò al giovane architetto il progetto della sua residenza urbana privata, il Palazzo Chiericati, ornando, di conseguenza, il centro di Vicenza con un altro edificio monumentale. Questo palazzo, oggi sede storica del Museo Civico, presenta forme semplici e raffinate, che ne esaltano la signorilità. La struttura presenta un corpo centrale, posto tra due ali simmetriche e leggermente arretrate. Il piano terra è caratterizzato da un portico con colonne doriche, con la relativa trabeazione classica, mentre il piano superiore è composto da una sezione centrale chiusa, ma ritmata da grandi finestre e colonne ioniche, incastonata tra due logge simmetriche con colonne che ne esaltano il movimento. Il tutto è completato da una serie di sculture che seguono la linea del tetto. Per questo palazzo, Palladio non utilizzò marmo o altri materiali prezioso, bensì, solo pietra intonacata di bianco. Ciò nonostante il palazzo è adeguatamente valorizzato grazie al sapiente uso delle forme classiche, che richiamano i tempi antichi e creano un'armoniosa fusione di pieni e vuoti, di chiaroscuri e nobili forme. Qui è anche possibile notare la capacità di Palladio di interpretare il luogo circostante: in questo caso, infatti, il palazzo sorge in un ampio spazio aperto al limite esterno del centro città, a pochi passi dal fiume Bacchiglione ed i loggiati con colonne contribuiscono a modulare il passaggio dall'edificio all'ambiente, fondendoli insieme, in una composizione omogenea.   
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Il contributo di Palladio alla città di Vicenza, è lungi dall'essere concluso. Circa vent'anni dopo, nel 1571, quando era già un acclamato architetto, inizia i lavori per l'edificio pubblico situato esattamente di fronte alla Basilica, la Loggia del Capitaniato. Il palazzo in mattoni rossi è caratterizzato da colonne di ordine gigante, con una loggia che si affaccia sulla piazza coperta da volte e che sostiene lo spazio principale dell'edificio: una grande sala riunioni chiamata Sala Bernarda, delineata esternamente da grandi finestre e balconi. L'ultimo piano comprende un sottotetto con balconi e una lunga balaustra continua, che parte dall'architrave delle grandi colonne. Le due sedi, la Basilica e la Loggia, presentano diverse differenze: al purismo delle arcate della prima, la Loggia risponde con colonne giganti in ordine composito, mentre alla sobrietà negli ornamenti corrisponde la ricchezza decorativa della seconda. Ciò nonostante, il classicismo degli elementi e la bicromia degli edifici diffondono un'atmosfera solenne e aggraziata tutt’attorno alla piazza.
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L'ultimo progetto che Palladio offrì alla città di Vicenza avvenne nell'anno della sua morte, nel 1580. Fu nominato responsabile dell'erezione del Teatro Olimpico e riuscì a preparare un modello originale e moderno. Anche se i lavori di costruzione sono stati condotti dal figlio di Palladio, Silla, o dal suo discepolo, l'architetto Vincenzo Scamozzi, il teatro può essere considerato il primo esempio della sua immensa eredità. La composizione degli interni è davvero impressionante. Il parterre semi ellittico ascende leggero culminando in un’elegante loggia ed in una terrazza balaustrata. Nel frattempo, la scena rappresenta la facciata di un palazzo, con un gioco di sporgenze e rientranze e con tre aperture principali che conducono a cinque diverse strade prospettiche, che trasformano uno spazio chiuso in una città, allargando drasticamente la scena.

Dal 1994 tutte le architetture citate, insieme a tutte le altre opere vicentine del Palladio, per la loro importanza, la loro storia e la loro bellezza, sono state dichiarate dall'UNESCO patrimonio dell'umanità. Ciò si può leggere come un omaggio che la città offre al suo grande artista, ringraziandolo per la dedizione e la passione che le ha sempre riservato.

Le ville Palladiane

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Al di fuori del centro città, sparso in tutto il Veneto, Palladio progetta un altro tipo di costruzione, la villa, che ottenne fin da subito ammirazione ed apprezzamento. Si tratta di eleganti edifici di campagna, commissionati dall’élite aristocratica urbana, sedotta dall'idea umanistica di un mondo rurale idilliaco ed interessata a rafforzare il proprio patrimonio monetario attraverso lo sfruttamento dei campi. Le ville dovevano quindi interpretare sia il background culturale dei committenti aristocratici, sia rispondere alla funzione lavorativa del luogo. Palladio riuscì magistralmente a realizzare questo perfetto connubio, creando una grande quantità di palazzi rurali, belli per la loro eleganza, per il loro senso dell'ordine e per i loro elementi classicheggianti e raffinati, ma anche capaci di fornire gli strumenti e gli spazi giusti per le esigenze più pratiche dell'agricoltura.

La villa più famosa, probabilmente, è la Rotonda, costruita nel 1553 per l'umanista Paolo Almerico. Situata sulla sommità di un colle, fuori dal centro di Vicenza, presenta un paesaggio stupefacente, grazie alla vista sul fiume Bacchiglione e sulle altre colline. Palladio riuscì a trasformare il panorama in una caratteristica fondamentale dell’edificio. Così, all'esterno, non progettò cancelli, mura difensive o siepi, ma lasciò uno spazio aperto, fondendo la villa direttamente con esso attraverso loggiati, presentati in tutti e quattro i lati dell’edificio. Le facciate, quindi, sono caratterizzate da un'alta scala che conduce a un pronao a forma di antico tempio, ornato da sei colonne ioniche e da un timpano classico. Attraverso questi, il blocco quadrato dell'edificio si estende in ogni direzione, abbracciando lo scenario rurale e integrandosi gradualmente nella natura. Gli elementi classici delle facciate non rappresentano solo una virtuosa imitazione del passato, ma comunicano un significato moderno: il legame tra l'uomo e la natura, e attraverso le forme pure e razionali della villa, la rappresentazione della società umanistica. Questo rapporto indissolubile tra architettura e paesaggio, ha portato la villa a diventare un'icona di armonia e perfezione.
Il recupero dell'arte greca e romana è un aspetto fondamentale di questo edificio, l'idea stessa di uno spazio circolare con cupola proviene dal Pantheon di Roma. Infatti, all'interno, l’edificio si presenta a pianta centrale, dove la zona principale è caratterizzato dalla Rotonda, la grande sala circolare cupolata con pareti alte e decorate da affreschi e stucchi. Questa sala era stata progettata per ospitare concerti di musica, spettacoli e incontri culturali, poiché la villa non aveva solo una funzione rurale, ma veniva utilizzata anche come sala di rappresentanza. La geometria dell'intero complesso è incredibile. La villa si basa su semplici forme geometriche e sulle loro intersezioni. Il quadrato, il cerchio e il rettangolo sono stati utilizzati in modo eccellente e l'intera pianta fa riferimento a rapporti aritmetici. Il risultato è una struttura armoniosa e aggraziata. Grazie al gioco tra pieni e vuoti e alle sfumature della luce naturale sia all'interno che all'esterno dell'edificio, la villa risulta dinamica, armonica e sempre diversa al variare delle stagioni.

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Un altro esempio, utile per capire la sua visione architettonica, può essere Villa Barbaro a Maser, in provincia di Treviso. Qui la funzione del luogo era legata al relax ed all'ozio, ma era anche associata alle attività agricole. L'architetto progettò il palazzo per l'aristocratico proprietario Daniele Barbaro e suo fratello, attorno al 1550. Egli ideò una maestosa sezione centrale con quattro semicolonne ioniche ed un timpano, che richiamano gli elementi dell'architettura antica, per dare dignità all'area. Su ogni lato è presente una lunga e bassa ala colonnata, per unire la villa alla campagna circostante. Il rapporto tra architettura e natura è qui visibile anche sulla facciata posteriore, rivolta verso la collina. Per facilitare il passaggio dalla casa alla vegetazione, Palladio costruì una fontana ad emiciclo, che ricorda anche le forme classiche degli antichi ninfei.

Architetto ufficiale della Serenissima

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In seguito, Palladio fu nominato architetto ufficiale della Serenissima, e proprio a Venezia ha raggiunto la sua massima affermazione. Simbolo delle sue opere veneziane è la chiesa di San Giorgio Maggiore, iniziando i lavori di ristrutturazione dell’edificio precedente, nel 1565. La chiesa sorge sull'omonima isola, affacciandosi sulla laguna, di fronte a Palazzo Ducale e in relazione sia con la Riva degli Schiavoni ed il canale della Giudecca. La posizione, quindi, riveste una grande importanza scenografica, essendo proprio al centro del cuore pulsante della città e Palladio, anche questa volta, riuscì a creare una struttura che si adatta perfettamente alla location. Il primo aspetto che cattura l'attenzione è la splendida facciata bianca, che si staglia luminosa sulle acque blu della laguna. Il marmo scintillante si fonde con i giochi di luce creati sia dall'acqua e dai suoi riflessi che dai raggi diretti del sole. Il risultato è uno spettacolo sorprendente, lucente, elegante e sempre dinamico. Come al solito, gli elementi della facciata ricordano i tempi antichi: dalle colonne di ordine gigante, alle cornici dentellate, al timpano, sono tutte forme classiche. Eppure, non sono mai banali. Qui, infatti, è possibile ammirare la genialità palladiana nell’adottare la forma di un tempio classico alla struttura di una chiesa cristiana, caratterizzata da un’alta navata centrale e due laterali basse. Il problema venne risolto creando una doppia facciata. La prima è composta da un ampio frontone ed un architrave che si espande per tutta la larghezza della chiesa, mentre la seconda, sovrapposta, è un po' più stretta e composta da un frontone che si estende solo lungo la navata centrale e che sporge con alti piedistalli, semicolonne di ordine gigante e termina con un maestoso timpano. La chiesa di San Giorgio Maggiore non è solo classica, ma anche veneziana, poiché riflette la continuità storica tipica di Venezia. Infatti, l’edificio si fonde perfettamente con l'area circostante, comunicando armoniosamente con Palazzo Ducale, che domina l'altro lato della laguna. Il palazzo è gotico, la chiesa è rinascimentale, tuttavia, vivono l'uno accanto all'altra, completandosi.

Palladio non partecipò alla fine dei lavori, poiché morì, a Vicenza, nel 1580. Tuttavia, lasciò un'eredità di primaria importanza nella storia dell'architettura. I suoi capolavori e il suo trattato "I Quattro Libri d'Architettura" contribuirono a diffondere ampiamente la sua fama. Come già detto, i suoi insegnamenti sono stati ampiamente seguiti in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e nei paesi protestanti d’Europa, dove il suo stile ha ammaliato i posteri attraverso la sua espressione artistica razionale, pura e"laica". Oggi, quando sulla facciata di una villa si intravedono porticati, timpani e cornici e logge, bisogna ricordarsi che tutto è riconducibile a un solo uomo proveniente da una piccola città italiana.. Andrea Palladio.