Risalenti già all’Egitto del I secolo A.C. gli specchi, grazie al loro splendore e alla loro forma, furono considerati simbolo della vita e della rigenerazione, tanto da essere un collegamento diretto con gli dei e in particolar con il dio solare. Oggetti di grande valore e raffinatezza, già nella loro fase di creazione ricevevano cure particolari ad esempio i loro manici prendevano forme di divinità, piante di papiro o figure femminili.

Suscitando interesse in molte popolazioni, diverse furono le civiltà che provarono a riprodurli, tra questi i Romani, i tedeschi e gli abitanti della Lorena, tuttavia, solo queste ultime nel XII secolo svilupparono un buon artigianato specchiero che vedeva metalizzare il vetro con il piombo e lo stagno.

La tradizione degli specchi a Venezia

I primi tentativi di produrre uno specchio a Venezia risalgono al 1318, processo che non andò a buon fine fino al 1369, anno in cui venne datata la prima produzione. Questo prodotto tanto raffinato richiedeva un’elevata manualità che di conseguenza ne aumentava i costi di produzione rendendolo un oggetto destinato alle famiglie abbienti. 

La svolta avvenne solo nella metà del XV secolo, quando Angelo Barovier inventò il cristallo, grazie a questo vetro limpido e trasparente cento anni dopo, nel 1540, il veneziano Vincenzo Redor brevettò e inventò lo specchio veneziano a superficie piana e regolare.

Da qui l’arte dello specchio si diffuse e nel XVI secolo iniziò l’incisione con le punte di diamante sia su di essi che sui vetri prodotti a Murano, mentre il secolo successivo si svilupparono gli specchi decorativi dove le cornici venivano coperte con liste di specchio molate e le parti lignee laccate.

L’arte della famiglia Barbini

Conosciuta a Murano fin dalla metà del XVI secolo per la sua manualità nella creazione del vetro, la famiglia Barbini nel 1658 venne iscritta, per ordine del Consiglio dei Dieci, nel Libro d’Oro della Magnifica Comunità di Murano, una sorta di raccolta della nobiltà vetraria dell’isola. 

I Barbini tuttavia, oltre alla lavorazione del vetro, si dimostrarono anche abili specchieri, le loro opere, risalenti al XVII secolo, contribuirono a dare più importanza alla qualità artigianale di Murano e anche alla Serenissima Repubblica.

La fama della famiglia era diventata tale che nel 1665 Gerolamo Barbini insieme ai fratelli Marco e Domenego vennero condotti in Francia presso la Corte di Luigi XIV per avviare una produzione locale di specchi veneziani. Gerolamo Barbini, rimasto in Francia a lungo, collaborò presso la Manufacture Royale des glaces de miroirs nel borgo di Saint Antonine e fece parte inoltre del team che realizzò la Galleria degli Specchi di Versailles.

Anche l’epoca della produzione del vetro e dello specchio conobbe una crisi, questa nacque quando:

  • Molti maestri vetrai se ne andarono da Murano per trasferirsi nelle corti europee lusingati dalle grandi promesse dei nobili;
  • Con la caduta della Repubblica aumentarono le fabbriche e con esse le nuove tecnologie.

La famiglia Barbini riuscì a rimanere in attività anche negli anni bui grazie alla grande capacità di reinvenzione e di adattamento, essi infatti iniziarono a produrre smalti e pani in canna e Conterie, lavorando anche come maestri conzadori, fornendo consulenza alle maggiori fabbriche di Murano.

Il 1822 fu un anno davvero importante per questa famiglia, infatti Angelo Barbini acquistò palazzo Da Mula, facendo prendere alla sua famiglia il nome di “I Barbini di palazzo Da Mula” che vide nascere dieci figli, cinque dei quali continuarono l’arte del vetro. Fu così che la prole dei Barbini, arrivati al XX secolo, riprese in mano i segreti e le tecniche di famiglia nella produzione degli specchi fino ad arrivare ai giorni nostri.

Nel 1929 l’azienda è stata premiata con la medaglia d’Oro di Primo Grado alla “Esposizione Mostra Campionaria” di Firenze, oggigiorno le loro opere possiamo trovarle in hotel di lusso come il Palazzina Grassi, Hotel Cipriani, Hotel Gritti Palace e il Gran Caffè Quadri, ma anche in alberghi e palazzi di tutto il mondo.