Ci siamo quasi, ormai Natale è alle porte e si avvicina il momento di scartare i regali sotto l'albero. Voi siete del "team regali in anticipo" o del "team regali all'ultimo minuto"? Beh, se siete a Venezia o in procinto di venirci, perchè non scegliere di portare un pò di questa straordinaria città sotto il vostro albero? La tradizione veneziana è ricca di prodotti tipici, frutto di lavorazioni artigianali tramandate da millenni, che ancora oggi fanno sfoggio delle loro preziose peculiarità. Pensate che gioia per i vostri parenti e amici!
Bene, trasformiamoci in speciali Babbi Natale e andiamo insieme alla ricerca del regalo perfetto!
Il vetro di Murano, un regalo che cela antichi segreti
Quando si parla di artigianato veneziano tutti noi pensiamo al vetro di Murano, quella particolare lavorazione soffiata a bocca che trasforma un'incandescente massa amorfa in vere e proprie opere d'arte. Il connubio tra Venezia e vetro è antichissimo, pare risalga ai tempi degli antichi romani, anche se è datato 982 la prima testimonianza scritta di un produttore di bottiglie: agli inizi la città era famosa proprio per la creazione di bottiglie e specchi. La lavorazione del vetro così come la conosciamo oggi pare venga dall'Oriente, dagli immigrati di Costantinopoli che portarono in Laguna conoscenze e tecniche. Ma i veneziani sono sempre stati popolo arguto e lungimirante e quindi intuirono che quella massa incandescente fosse estremamente malleabile e quindi adatta ad essere soffiata a bocca e modellata a caldo. Capirono anche che la si poteva arricchire con vivaci colori e che queste cromie non mutavano una volta raffreddato l'oggetto. Nasceva così l'arte straordinaria del vetro di Murano, dalle incredibili valenze tecniche ed estetiche. Venezia divenne così il punto di riferimento nel mondo per questa arte e dei suoi successivi progressi. La Repubblica della Serenissima intravide subito in questa lavorazione un importante volano per lo sviluppo del commercio dello Stato ed offrì in tutti i modi promozione e protezione a favore dell'arte e dei suoi artigiani. Fu così che con dei decreti leggi si vietò l'importazione di vetro straniero e si impedì ad artigiani forestieri di lavorare il Laguna. La classe dei mastri vetrai divenne una corporazione protetta e privilegiata, e tutti i benefici di cui godevano erano estesi anche ai familiari: era così che la Repubblica intendeva invogliare e favorire il prosieguo del lavoro di padre in figlio. Ma erano tante anche le restrizioni a cui gli artigiani erano soggetti a sottostare: ad esempio, non era loro consentito di lasciare il territorio veneziano se non con un permesso speciale della Repubblica; chi osava lasciare la città senza autorizzazione veniva radiato a vita dalla professione. Questo ci fa capire come Venezia e i veneziani fossero estremamente gelosi dei segreti che si celavano dietro questa particolare arte. Addirittura il Senato della Repubblica nel 1200 decretò di spostare tutte le fornaci sull'isola di Murano: si pensa sempre che la motivazione sia legata all'intenzione di scongiurare roghi in città, ma in realtà era semplicemente un modo per celare i segreti della lavorazione, racchiudendo tutti gli artigiani in un solo luogo, ristretto e distaccato dalla città, distante dal via vai di stranieri che popolavano il centro, lontano da occhi indiscreti. Murano divenne così il primo ero e proprio entro industriale della storia, secoli prima di quella rivoluzione che cambiò il mondo.
Nel corso dei secoli tanti sono stati i progressi per cui i mastri vetrai si sono distinti: è il 1400 quando il maestro Angelo Barovier scoprì la formula per la realizzazione del vetro completamente trasparente, per la realizzazione di bicchieri e brocche, ma soprattutto dei primi specchi al mondo davvero riflettenti; due secoli dopo il maestro Giuseppe Briati mise appunto la tecnica del lampadario fiorito, lavorazione richiesta da tutte le famiglie nobili dell'epoca e non solo, molto ambita ancora oggi; del 1878, ad opera di Vincenzo Moretti, è invece la murrina che imitando antichi mosaici romani consente di intrappolare in una massa trasparente tanti elementi dalle svariati e vivaci colorazioni.
La caduta della Repubblica e la dominazione napoleonica furono causa del declino dell'attività, facendo registrare la chiusura di tante fornaci. Occorrerà aspettare gli inizi del Novecento perchè quest'arte venisse rilanciata, ad opera dei Toso e Salviatti, che riaccesero i fuochi delle loro fornaci: una nuova vita cominciò per il vetro di Murano, che non ha subito più battute d'arresto. L'antica lavorazione si arricchì poi di oggetti di puro design, grazie alla prima Biennale d'Arte che manifestò interesse per gli artigiani favorendo la realizzazione di oggetti moderni.
Ancora oggi i mastri vetrai tengono ben stretti i loro segreti, tramandandoli ai loro figli, così come aveva voluto la Repubblica della Serenissima.
Oggi, gli oggetti in vetro di Murano sono considerati di lusso, trattandosi di una lavorazione del tutto artigianale, rimasta inalterata nel tempo: lampadari di grandi dimensioni, statue e vere e proprie opere d'arte. Ma anche elementi più modesti, come il classico bicchiere noto col nome di goto, i calici dal lungo stelo e agli oggetti di arredo, come vasi e i classici palloncini da far scendere dal soffitto. Tante sono anche le proposte di gioielli, preziosi e ricercati per donne di classe, ma anche decorazioni squisitamente natalizie per un albero di Natale unico nel suo genere.
In giro per la città le proposte sono davvero tante, forse troppe, ma diffidate dalle imitazioni: il vero vetro di Murano deve recare la scritta made in Murano, altrimenti si tratta di un banale pezzo di vetro scadente.
Scegliete bene, scegliete Made in Venezia!
Collane in perle di vetro di Murano, opere delle impiraresse: il regalo perfetto per lei
Siamo sul finire dell'Ottocento e nelle fornaci di Murano venivano realizzate delle piccole perle in vetro: diverse le dimensioni, incredibile la palette cromatica, tanto preziose da essere utilizzate anche come merce di scambio per acquistare spezie, olio di palma e finanche schiavi. Da qui nasce una delle lavorazioni più antiche di Venezia, esclusivamente femminile ed unicamente artigianale. Sullo sfondo del Sestiere di Castello, tra le sue calli si riuniscono in gruppo le impiraresse, le infilatrici di queste perle, che creano la magia di collane eleganti e sofisticate, vezzo di ogni donna. Così chiamate dal termine impirar, infilare, le impiraresse svolgevano questa lavorazione nel loro domicilio, e se il tempo lo consentiva, sull'uscio di casa: questa immagine di donne riunite in cerchio ad infilar perle in vetro è una delle cartoline più antiche e più belle della storia artigianale di Venezia. Accomunate dalla stesse pettinatura, quello chignon che teneva i loro capelli ben saldi e raccolti, chiamato cocon, tenevano in grembo grosse ceste in paglia dove raccoglievano l'arcobaleno di perle, mentre con la mano destra le infilavano su un ventaglio di aghi lunghi 18 centimetri tenuto con la mano sinistra. Con questa biblica pazienza venivano realizzati fili lunghi anche 2 metri per poi creare gioielli per impreziosire il collo e il decolté delle signore più eleganti. L'intero processo "produttivo" era gestito da sole donne: le impiraresse erano capitanate dalle mistre, le intermediatrici che si occupavano di reperire il materiale vitreo dall'isola muranense, di organizzare il lavoro e commerciare poi i gioielli finiti. Pensate, siamo solo negli ultimi anni del 1800 ma a Venezia era già diffusa l'emancipazione e l'imprenditoria femminile. Avanguardia pura!
Oggi come allora, Castello è ancora il regno delle impiraresse e dei lunghi fili colorati, anche se la moderna bijouterie ha purtroppo minato questa antica lavorazione: regalare una collana in perle di vetro è come regalare un pezzo di storia di Venezia e del grande artigianato che l'ha sempre contraddistinta nei secoli. Mi raccomando, diffidate dalle imitazioni e dai fake che purtroppo circolano in città, affidandovi a rivenditori seri e professionali. Regalate Made in Venezia!
Il merletto di Burano
Spesso le cose belle non hanno una motivazione, sono belle solo perchè esistono: non ci sono spiegazioni o documenti che motivino la loro nascita. E' il caso del merletto di Burano, la cui nascita non è scritta negli annali della storia della Serenissima, ma in una affascinante e romantica leggenda d'amore. Due giovani dell'isola buranense sono in procinto di sposarsi, lei donna di casa, lui pescatore dall'animo buono. Durante un'uscita in mare il ragazzo viene tentato dal canto e dal corpo sinuoso delle sirene, ma l'amore per la sua donna è forte e le resta fedele. Una sirena, affascinata da questo forte sentimento saluta il giovane con un colpo di coda sull'acqua e dalla schiuma del mare viene fuori un velo decorato con un prezioso merletto con cui omaggiare la sposa. Il giorno delle nozze quel merletto suscita l'invidia di tutte le donne dell'isola che cercano in ogni modo di replicare quella meravigliosa trine: è così che nasce il merletto buranello. Leggende a parte, questa particolare lavorazione artigianale si diffonde del 1500 circa, quando con solo ago e filo viene creato il "punto ad aria". La diffusione si deve poi alle nobildonne della Serenissima, la dogaressa Morosina Morosini prima e la contessa Adriana Marcello poi, che grazie alla loro azione di mecenatismo riescono a portare questa preziosa lavorazione in tutta Europa, persino alla corte di Re Luigi XIV di Francia: non c'è donna che non ambisca e desideri adornare i suoi abiti con il prezioso merletto. Un'arte antica che oggi, come allora, si tramanda di generazione in generazione tra le donne di famiglia, unico come sempre. E come allora oggi a Burano non è difficile scovare gruppi di merlettaie che fuori dalle loro abitazioni tessono le loro pregiate trine.
Oggi il merletto buranello non adorna solo gli abiti, ma potete trovarlo come arricchimento di tessili per la casa, come tovaglie e placemate, lenzuola e copriletti, centri tavola e ventagli, finanche a particolari orecchini da sfoggiare a tutte le età.
Un regalo prezioso per le signore di tutte le età.
Le maschere veneziane, l'antica arte dei mascareri
Ma lo sapete che l'arte dei mascareri è una delle professioni più antiche di Venezia? Eh si, nata nel lontano 1270 circa. Ma la diffusione avvenne poi grazie all'istituzione del Carnevale, che a Venezia è sempre stata cosa molto seria, e soprattutto di lungo periodo. Siamo nel XV secolo è le maschere erano l'elemento connotativo dei festeggiamenti carnevaleschi, dietro le quali nessuno era riconoscibile, celando qualsiasi appartenenza sociale e credo religioso, sesso e status sociale: quel "buongiorno signora maschera" era il saluto che azzerava ogni differenza, ogni distanza. Addirittura il Doge Francesco Foscarini dotò i mascareri di un loro statuto, la mariegola, per gestire ed amministrare la professione, ancora oggi conservato all'Archivio di Stato. La realizzazione di una maschera prevedeva un lungo procedimento con l'utilizzo di svariati e precisi materiali: dopo uno studio su carta delle forme e delle proporzioni, si realizzava un modello in argilla; si passava poi alla creazione del calco e per questo si utilizzava il gesso; il calco veniva poi ricoperto con carta pesta e garze tenute insieme da una colla di farina: una volta che questo impasto era asciutto veniva staccato il calco sottostante e si aveva la maschera. Veniva poi rifinita ai bordi e alle aperture, per poi passare alla decorazione: un tripudio di colori, pietre preziose, ricami e alte piume.
Oggi come allora questa arte non è mai mutata: entrare nella bottega di un mascarere è come immergersi in un mondo fatato dove mille volti con forme e colori differenti ci scrutano silenziosamente, tenendo ben saldi i segreti di tutte le storie passate davanti ai loro occhi cavi. Pensate che il grande regista Stanley Kubrick per il suo ultimo film “Eyes wide shut” scelse un famoso mascarere di Venezia per far realizzare le maschere della celebre scena del ballo in maschera a cui Tom Cruise riesce ad infiltrarsi.
Oggi le maschere più diffuse, come allora, sono il bauta, la maschera bianca dalla particolare forma del mento appuntito e sporgente che dava la possibilità di bere e mangiare senza la necessità di toglierla dal volto; la moretta, una maschera in velluto di colore scuro dalla forma tonda che veniva sorretta al volto grazie ad un bottone tenuto in bocca, utilizzata soprattutto dalle donne; quella del medico della peste, che in realtà veniva usata dai dottori per visitare gli ammalati di peste: si tratta di una maschera da un lungo becco aquilino che consentiva di contenere al suo interno un filtro realizzato con sali ed erbe aromatiche, che "isolava" l'olfatto del medico dallo sgradevole odore che lo circondava, che col tempo ha poi acquisito un valore scaramantico ed esorcistico nei riguardi delle malattie e della morte; la classica maschera ovale, arricchita di decori preziosi.
Oggi regalare una maschera è regale un oggetto d'arte da appendere al muro come un quadro, prezioso e strettamente legato alla storia di Venezia.
Per gli amanti del genere.
Furlane in velluto, la tradizione ai piedi, per lui e per lei
Arte del riciclo e rapporto profondo tra uomo e natura sono alla base dell'antica tradizione delle furlane, particolari calzature che spesso vedete indossate ai piedi dei gondolieri.
Siamo sul finire del secondo conflitto mondiale e la povertà diffusa soprattutto nelle campagne rendeva impossibile acquistare le costosissime calzature in cuoio. Ed è proprio dall'entroterra friulano che ci si inventa questa lavorazione per soddisfare una necessità, un bisogno. Si iniziò a riciclare le gomme dei pneumatici in disuso per la realizzazione delle suole impermeabili e resistenti; la juta dei sacchi utilizzati per il trasporto dei legumi e dei semi erano utilizzate per l'imbottitura, poichè le scarpe dovevano anche tener caldo il piede; per le tomaie, invece, si riutilizzavano i vecchi abiti. Le calzature così erano tutte cucite a mano, perfettamente funzionali e soprattutto a bassissimo costo, e risultarono bene presto molto richieste. I contadini friulani allora, capirono che quello che era un bisogno personale poteva diventare un commercio. Cominciarono a produrre e vendere i loro prodotti al di fuori delle loro campagne ed arrivano anche a Venezia: qui il Comune concesse loro di tenere una bancarella per la vendita ai piedi del Ponte di Rialto. La diffusione fu molto rapida grazie all'interesse che ne manifestarono i gondolieri: la delicata gomma della suola era perfetta per non rovinare o graffiare la vernice delle gondole. L'unione poi con i preziosi tessuti orientali, come velluto, damaschi e sete resero le furlane un vero oggetto del desiderio per tutti.
Oggi vengono ancora realizzate a mano, spesso su misura, ma la filosofia del riciclo è stata perduta negli anni: sono preziose ed eleganti con i loro pregiati tessuti e i colori più disparati. Ed è ancora Rialto il regno delle furlane, in ricordo di quella bancarella da cui tutto partì.
Regalare un paio di furlane è regalare un oggetto elegante e ricercato, di quelli che fanno la differenza, che si fanno ricordare.
Per sapere di più su tutti questi prodotti vai alla sezione artigianato a Venezia:
I biscotti della tradizione veneziana, per un regalo molto goloso
Natale è quel periodo dell'anno dove è più facile abbandonarsi ai richiami della gola e del gusto senza provare grandi rimorsi: alla dita ci penseremo nel nuovo anno.
E c'è sempre in famiglia quel fratello o quel cugino più goloso di tutti da far felice con un regalo altrettanto goloso. I dolci della tradizione veneziana sono prodotti ricchi di nutrienti, sostanziosi e con la peculiarità di potersi conservare per un lungo periodo, poichè costituivano l'alimento dei marinai durante le lunghe traversate in mare. Si tratta, dunque, di preparazioni secche, biscotti ricchi di burro e uova, ideali da mettere in valigia e porare a casa.
Questa pasticceria veneziana è caratterizzata dalla presenza delle spezie: profumate e colorate, dal sapore insolito, vennero portate in terra veneziana dal lontano Oriente, grazie alle spedizioni mercantili e ai traffici commerciali che la Serenissimi tesseva con questa parte di mondo. Fu così che il pepe, l'uvetta, lo zenzero, lo zafferano, la noce moscata, la cannella, i chiodi di garofano cominciarono a farsi spazio nella cucina veneziana che divenne sempre di più fusion. Risale all'anno Mille, invece, la comparsa in Laguna dello zucchero, portato dai crociati, la cui diffusione fu poi immediata grazie alla nobile famiglia Corner che acquistò intere piantagioni di canna da zucchero tra Cipro e Creta, rendendone più facile l'utilizzo del prodotto finito in città.
A beneficiare dell'unione tra spezie profumate e zucchero fu senza dubbio la pasticceria, lavorata dagli scaleter, così erano chiamati gli antichi pasticceri dagli scalete, tipici dolcuimi delle nozze ormai scomparsi.
In giro per la città potrete trovare dei confezioni contenenti una selezione dei biscotti più famosi: i baicoli, che somigliano a fette di pane bruschettato, sono realizzati con farina, uova, burro, zucchero e lievito in un unico filone, vengono poi tagliati a fette sottili e sono molto profumati e buoni se gustati da soli, ma anche mogiati (inzuppati) nel caffè o nello zabaione, e se siete golosi, ricoperti con un velo di marmellata o cioccolato spalmabile; gli zaeti (gialletti) il cui nome si deve al termine dialettale zal che sta ad indicare il colore giallo, in questo caso dato dalla presenza della farina di mais, che li rende estremamente croccanti e scrocchiarelli, a cui si aggiungono uova, burro, zucchero, vaniglia e uvetta sultanina; i bussolà di Burano, così chiamati per la loro forma a ciambella col buco, detto busà, sono biscotti molto friabili per la considerevole presenza del burro, e profumati per il loro aroma di vaniglia: tale è il profumo da rendere piacevolmente zuccherosa l'aria nelle calli, e pare siano usati dalle nonne per profumare la biancheria; i pevarini sono invece caratterizzati dalla spiccata nota pepata e preparati con un con farina, melassa, strutto, miele, lievito, pepe nero, cannella, chiodi di garofano e zenzero, ma oggi per praticità la melassa è stata sostituita con lo zucchero e lo strutto con il burro: dal colore bruno sono sicuramente i dolci più "orientali" della storia di Venezia.
Un scatola di biscotti per sprigionare i profumi d'Oriente sotto l'albero di Natale.
Fare un regalo è un gesto d'amore. Ma anche acquistare con consapevolezza difendendo antiche arti e tradizioni artigianali è un gesto d'amore verso il passato e il presente del luogo che scegliamo di visitare, contribuendo alla costruzione del futuro.
Difendiamo il Made in Venezia e difendiamo Venezia.
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