Al largo dei giardini di Sant’Elena, nella coda del "pesce" che è Venezia, adagiata nelle calme e basse acque che preannunciano il Lido, sorge San Servolo, una delle più antiche isole della Laguna veneta: sorta come luogo monastico, nel corso dei secoli ha ospitato pazienti afflitti da malattie mentali ed oggi, a seguito di un attento restauro, è terra tranquilla e pacifica, con un complesso architettonico immerso in un rigoglioso parco che fanno dell'isola uno dei centri congressuali più importanti di Venezia e dintorni.

Ma il cuore di San Servolo è un museo piuttosto singolare...


San Servolo: l'isola dalle origini ad oggi

Sulle origini dell'isola di San Servolo si rincorrono molte leggende: chi la vuole fondata già nell' 819, chi regno dei frati Benedettini, e chi dedicata al culto di San Cristoforo con la sua cappella.

Ma pare piuttosto certa la notizia che a partire dal IX secolo San Servolo ospitasse un monastero edificato dalla famiglia Fianco e dalla famiglia Galbaio, molto nota poichè aveva dato ben 2 dogi alla Repubblica. E proprio a loro gli storici fanno risalire la dedica al Santo Servolo, a cui era intitolato un antico castello a Capodistria, di cui loro erano originari.

Successivamente i monaci del monastero, con l'aiuto del Doge Angelo Partecipazio, si trasferirono, nell'entroterra, a Sant'Ilario per precisione, a causa delle ristrette dimensioni della struttura, non più consone al numero dei dimoranti. Ma l'isola non fu certo abbandonata, essendo la sua posizione ritenuta alquanto strategica, poichè dalle sue acque si giungeva fino a Rialto, il cuore economico della Repubblica.

Il monastero quindi fu tenuto in vita e nel 1109 divenne la dimora delle monache benedettine che vi rimasero fino al 1615 quando, a causa dell'eccessivo degrado degli edifici, furono trasferite a Venezia. A seguito di questo trasferimento i locali divennero prima dei depositi di grano e poi furono utilizzati come ricovero per gli ammalati di peste.

Siamo nel primo decennio del Settecento quando, invece, il monastero fu trasformato in un ospedale militare e dopo pochi anni ebbe la funzione che poi segnerà l'isola per gli anni a seguire: furono lì ricoverati i pazienti con malattie mentali. Fu poi Napoleone, durante la dominazione austriaca alla fine del XVIII secolo, che dispose il ricovero dei malati di mente di ogni ceto proprio a San Servolo, con una gestione laica della struttura. Dopo un anno, nel 1798, dichiarò l'ospedale Manicomio Centrale del Veneto, Dalmazia e Tirolo, gestito però dall'Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio. Con l'unificazione del Regno d'Italia nel 1866 la gestione del manicomio passò alla Provincia di Venezia, che nel 1932 lo "elevò" ad ospedale psichiatrico.

Questo ospedale ha visto il passaggio anche di pazienti illustri: addirittura Benito Mussolini fece rinchiudervi la moglie Ida Dalser, al fine di sposare la nuova donna, Rachele Guidi.

La struttura ospedaliera psichiatrica di San Servolo fu chiusa definitivamente con la Legge Basaglia del 1978, sorte che toccò tutti i manicomi del territorio nazionale. Da questa data, la Provincia di Venezia intraprese un processo di recupero e restauro dell'isola e delle sue strutture, insieme ad un interessante progetto di promozione multiculturale.

Oggi San Servolo è un’isola d’arte, design e cultura, con le sue magnifiche strutture immerse nel verde di un parco incontaminato, che ogni anno ospitano centinaia di eventi tra corsi, congressi, rassegne artistiche e mostre.

Tra i gioielli testimoni del vissuto passato dell'isola figura senza dubbio la Chiesa dedicata al Santo Servolo: originaria del 1759, fu ultimata dopo pochi anni. Di piccole dimensioni, raccolta e affascinante nella sua estrema semplicità, la costruzione fu realizzata secondo un impianto planimetrico a pianta centrale che prosegue poi col presbiterio e termina con l'abside. L'esterno invece presenta gli elementi più caratterizzanti, quantomeno piuttosto avulsi alla zona lagunare: la facciata, infatti, è connotata da un porticato con colonne alte e esili che reggono archi a pieno centro. Questi vuoti sono ben bilanciati dall'ordine superiore, tutto pieno che si lascia alleggerire soltanto da regolari aperture, perfettamente in asse con quelle di sotto. Chiude il tutto il tetto a spiovente interrotto dall'elemento più scenografico, e anche innovato per Venezia, ossia la loggia con la sua balaustra traforata e decorata con busti e putti: si tratta di una integrazione "moderna", risalente agli interventi dell'Ottocento che molto rimaneggiarono la chiesa. Nella parte retrostante di eleva il timpano di chiusura attorniato dai due campanili posti come alte sentinelle a guardia della chiesa e dell'isola tutta.

Oltre la Chiesa l'isola ospita la Fondazione Franca e Franco Basaglia, la Venice International University, e da pochi anni anche una succursale dell'Accademia delle Belle Arti, mentre il complesso storico ospita un ampio Centro Congressi, il più grande di Venezia, con annesso Centro soggiorno e studi per i convegnisti.

Tutte le costruzioni che popolano l'isola sono immerse in un parco verde e rigoglioso, uno dei più estesi di tutta Venezia. Ampie distese di giardini all'italiana che ospitano alberi ed essenze arboree molto antiche provenienti da lontano, come la palma delle Canarie, le piante di agave americana, il tiglio europeo, i pini di Aleppo e secolari ulivi.

Ma l'attrazione principale di questo luogo incantevole è senza dubbio Museo del Manicomio...


Il Museo del Manicomio di San Servolo

Il "Museo del Manicomio - La Follia reclusa" fu inaugurato nel 2006 e racconta in modo semplice e chiaro l’approccio della medicina alla malattia mentale ed il suo percorso attraverso i secoli. I reperti esposti appartenuti all'ospedale psichiatrico, rimasto attivo per più di duecento anni, hanno lo scopo di mostrare al visitatore quale fosse la condizione dei pazienti rinchiusi nella struttura: emarginazione ed esclusione sociale, come anche la segregazione fisica e l'isolamento. Pratiche molto diffuse un pò ovunque, poiché la medicina si confrontava per la prima volta dinanzi a questa tipologia di patologie. Un luogo, dunque, che è stato testimone di tanto dolore, sicuramente di episodi terribili, ma che ha comunque caratterizzato fortemente l'isola.

L'esposizione mostra documenti e testimonianze che ricostruiscono la vita della struttura nel lungo arco della sua storia: cartelle cliniche, registri, ma anche foto e stampe. Non mancano gli strumenti di contenzione fisica, come manette, blocca caviglie e manicotti che lasciano perfettamente intendere le terribili condizioni di stasi dei pazienti: il contenimento fisico era diffuso soprattutto per i pazienti più gravi, coloro i quali risultavano tanto aggressivi e a rischio di suicidio, per i quali questa pratica era l'unico modo per tenere a bada i loro comportamenti imprevedibili. Molto forte emotivamente è l'esposizione delle strumentazioni cliniche, come l'elettroshock utilizzato a fini "terapeutici" alquanto discutibili: sviluppata negli anni Trenta proprio da neurologi italiani, è sempre stata una tecnica molto dibattuta, poichè questo passaggio di corrente elettrica nel cervello non sempre portava a seri miglioramenti del paziente.

Non solo il buio della follia nel manicomio di San Servolo. Uno splendido pianoforte a coda testimonia, invece, un accenno alla musicoterapia, mentre dipinti ed oggetti raccontano la quotidianità dei pazienti e di come erano in grado di creare manufatti hand made: una sorta di raggio di luce in mezzo al buoi del dolore più cieco.

Il Museo ospita anche una magnifica farmacia originaria dell'epoca settecentesca: una immensa struttura lignea in noce massiccio che racchiude una incredibile collezione di vasi erboristici e farmaceutici in ceramica, tutti impressi con l'effige del Leone alato di San Marco, perché donati dalla Repubblica di Venezia all'ospedale come ringraziamento e plauso per l'eccellente lavoro svolto.

La Sala anatomica espone la sua raccolta di 11 crani e 12 cervelli, tutti conservati con il metodo della plastinazione, una tecnica perfezionata in Germani negli anni Novanta e che permette, grazie all'eliminazione dei liquidi, la conservazione dei corpi umani rendendoli rigidi, inodori e salvaguardandone persino la cromia naturale. Al centro un tavolo anatomico con tutta la sua strumentazione originario della fine dell'Ottocento.

Chiude l'esposizione la Biblioteca con il suo patrimonio librario di oltre 8.000 volumi diviso tra religioso e morale, datato tra Cinquecento e Settecento , e a carattere medico, più recente essendo datato tra Ottocento e Novecento,

Il Museo del Manicomio rappresenta un'occasione incredibile di scoprire e ripercorrere la storia di un pezzo di Venezia e di Italia tutta, fondamentale per conoscere e contestualizzare una pagina della medicina moderna delicata e spesso contestata, per entrare in contatto con una patologia che ha faticato ad essere ritenuta tale, e apprendere progressi ed errori di metodi di cura che troppo spesso hanno tolto la dignità a chi di questa patologia soffriva, suo malgrado.

Il Museo del Manicomio di San Servolo a seguito delle disposizioni riguardanti il contenimento del Covid-19 è aperto solo il sabato e la domenica dalle 10:00 alle 17:00, fino a data da definirsi.

Per arrivare a San Servolo, servirsi del servizio di navigazione ACTV Linea 20 da San Zaccaria "B".


"Anche la follia merita i suoi applausi", cit. Alda Merini